mercoledì 3 dicembre 2014

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Tra sogno e realtà: fermarsi o continuare

Come ho già scritto nel precedente post, credo che gli imprenditori si possano dividere in razionali e passionali. Come è facile intuire, la differenza consiste nell’affrontare i problemi più con la testa che con il “cuore” e viceversa. 

Non esiste il modo migliore in assoluto per fare impresa, non c’è una regola precisa, esistono solo i risultati ottenuti.  

Come in tutte le cose della vita, la miglior soluzione è sempre la via di mezzo. Essere troppo razionali è limitante, essere troppo passionali è pericoloso.  Quindi, quale dovrebbe essere il limite tra razionalità e passione? 

Ovviamente è difficile rispondere a questa domanda, ognuno potrebbe dare una risposta diversa in base alla propria esperienza e al proprio carattere. 
A tutti gli imprenditori, o aspiranti tali, è capitato, almeno una volta, quel momento cruciale in cui tutto non va come previsto e sorgono i dubbi se continuare o meno il percorso intrapreso. Credo che questo possa essere un ottimo esempio per capire l’importanza del giusto equilibrio tra razionalità e passione, tra sogno e realtà

Durante la mia precedente esperienza da startupper, mi è capitato tante volte di domandarmi se quello che stavo facendo fosse corretto. Le cose non andavano bene come sperarato e mi chiedevo ogni giorno se fosse il caso di continuare oppure di fermarmi. Se dopo la salita stava per iniziare, finalmente, la discesa. Se ero solo sfortunato o totalmente incapace. Se era colpa mia o degli altri.  Insomma, mille dubbi mi assalivano ogni giorno. 

Rispetto agli innumerevoli sacrifici, i risultati non arrivavano come sperato. E’ quello il momento chiave di ogni (aspirante) imprenditore. E’ il momento in cui, senza saperlo, decidi il tuo futuro. La domanda ricorrente è: mi fermo o continuo? 

E’ una domanda a cui non potrai mai dare un risposta senza che il dubbio comunque ti resti. Se proseguo forse perdo solo tempo e denaro. Se mi fermo forse perdo una grande occasione. Ecco, è proprio qui che interviene lo spirito sognatore o razionale dell’imprenditore. E’ qui che si vede la differenza tra un imprenditore distaccato che basa tutto sui numeri e sui fatti e quello passionale che segue l’istinto e la voglia di continuare a sognare, spesso andando contro i numeri stessi. 

La storia delle aziende, anche di quelle 2.0, è piena di esempi di progetti che andavano male inizialmente e poi sono esplosi. Vedi, ad esempio, AirBnb che inizialmente stava fallendo e oggi è un colosso. Dove sarebbero oggi i fondatori di AirBnb se non avessero insistito con la loro idea e avessero abbandonato il progetto? Impossibile rispondere a questa domanda. Però sappiamo che oggi hanno una azienda che vale miliardi di dollari

Dall’altro lato, però, ci sono innumerevoli startup, anche italiane, che sono partite già da almeno 2 o 3 anni, ma che non hanno avuto alcun riscontro tangibile sul mercato. In teoria sarebbero già fallite, eppure i fondatori sono ancora lì..che cercano di rianimare un progetto ormai già morto. Lo hanno capito tutti, ma non loro...che continuano a sognare che tutto possa riprendersi e che i numeri si impennino come sperato.  

Chi avrebbe ragione a questo punto? Il founder razionale che analizza i fatti e decreta la fine di tutto, oppure il sognatore, il passionale che ci mette anima e corpo e potrebbe riuscire nell’impresa di resuscitare un progetto morto? Anche qui, impossibile rispondere. Ognuno prende le proprie decisioni sulla base di un personale punto di vista, di come vive l’essere imprenditore. Per quanto sia difficile, credo che comunque sia obbligatorio da parte di ogni imprenditore mettersi in discussione. Si può essere passionali quanto si vuole, ma non bisogna essere ciechi e stupidi. Sarebbe un grande errore. 

Per quanta forza ed energia ci si possa mettere in un progetto, se non parte dopo tre anni (direi anche due)...probabilmente è il caso di pensare seriamente se continuare oppure fermarsi. Il rischio è quello di far passare tempo prezioso inutilmente, magari da investire in un nuovo progetto

Concludo con un consiglio per chi si trovasse in questa situazione di eterna attesa: dovete credere nella vosta idea, ma non dovete innamorarvene. Se funziona o ci sono prospettive concrete allora insistete. Se ci provate da anni e siete sempre lì, allora passate ad un nuovo progetto. 

Vi sentirete meglio, credetemi...

In bocca al lupo a tutti,
Stefano Passatordi


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martedì 13 maggio 2014

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La differenza tra fare l’imprenditore ed essere imprenditore

Fin da bambino sono stato affascinato dalla figura dell’imprenditore e già dai 14 anni quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, io rispondevo sempre che volevo diventare un imprenditore e possedere una mia azienda.

In realtà neanche ne capivo bene il senso, associavo l’imprenditore ad una persona che viaggia tanto e che quando torna a casa porta con sè tanti regali per amici e parenti. Manco fosse Babbo Natale!

Negli anni non ho mai cambiato il mio obiettivo, anzi l’idea di diventare un imprenditore (o almeno di provarci) è cresciuta sempre di più e si è fatta sempre più forte dentro di  me.
Ciò che sicuramente è cambiata nel corso degli anni è la percezione di cosa voglia dire essere un imprenditore.

Secondo me, esiste una differenza tra fare l’imprenditore ed essere un imprenditore.

Chi fa l’imprenditore, spesso, in realtà, non lo è. Essere un imprenditore, invece, è qualcosa che hai dentro e che nessuno ti potrà mai togliere. Qualsiasi lavoro tu faccia, questo “dono” verrà sempre fuori...prima o poi.

Credo fortemente che essere un imprenditore sia un dono, al quale sono associate alcune qualità:
•    Coraggio: rischiare e decidere a favore dell’incerto piuttosto che il certo;
•    Determinazione: non importa cosa accada, non importa se le cose non vanno come previsto, l’importante è non fermarsi;
•    Intuito: capire e vedere ciò che gli altri non percepiscono e farlo prima di tutti;
•    Distacco: mantenere la razionalità sempre. Più mente e meno cuore;
•    Passione: lavorare con amore dando sempre il massimo;
•    Leadership: convincere tutti a seguirti senza alcun indugio;
•    Mediazione: trovare sempre il giusto equilibrio affinchè si possa procedere nella direzione voluta;
•    Ottimismo: ad ogni problema c’è una soluzione;
•    Abnegazione: enorme spirito di sacrificio e tanta tanta forza di volontà;
•    Creatività: la capacità di pensare soluzioni fuori dagli schemi comuni, ma sempre e comunque efficaci;
•    Integrità morale: rispetto massimo per se stessi e per gli altri;
•    Senso di responsabilità: avere sempre a mente che qualsiasi decisione può avere ripercussioni, anche negative, sulla vita e le famiglie dei collaboratori.

Secondo me, queste sono tra le principali qualità che dovrebbe possedere un imprenditore.
Alcune sembrano in contrasto tra loro, come “distacco” e “passione” che rappresentano un pò l’eterna dicotomia tra mente e cuore. Altre sembrano quasi banali, come il coraggio e l’ottimismo, eppure fanno la differenza in molte situazioni topiche della vita di un imprenditore.

Trovare tutte queste qualità in una sola persona è molto difficile. Trovarle nel giusto equilibrio tra loro è molto raro.
Ritengo che la differenza tra un imprenditore di successo (quello vero e non basato solo sui titoli di qualche articolo di giornale) e uno meno bravo, sia proprio nella perfetta armonia tra le suddette qualità.

E’ inutile essere molto ottimisti se poi la determinazione è poca. E’ inutile lavorare con passione se poi manca il coraggio.

Un imprenditore di successo è colui che ha tutte le qualità di cui sopra e le riesce a gestire nel migliore dei modi, equilibrandole e dosandole naturalmente in base alle circostanze.

Come già accennato in precedenza, credo che gli imprenditori si possano distinguere in due grandi gruppi, due grandi filosofie contrapposte del fare imprenditoria: il razionale e il passionale.

Per fare un esempio concreto, nel caso in cui l’azienda fosse in gravi problemi economici e con basse (ma non nulle) possibilità di risollevarsi, l’impreditore razionale, numeri e carte alla mano, stabilisce e decide che è il caso di chiudere e, magari, ripartire con un altro business. L’imprenditore passionale, invece, va in banca e ipoteca tutto ciò che ha per recuperare il denaro necessario a continuare, sperando che poi tutto migliori.

In tutti i casi, essere un imprenditore è difficile. Molto difficile. 

Puoi essere circordato da tante persone, tanti collaboratori, ma, nella realtà dei fatti, sarai sempre solo. 

Soprattutto quando le cose non vanno come sperato e tutto diventa più pesante.
Ed è qui, secondo me, la differenza tra “fare l’imprenditore” ed “essere un imprenditore”.
Il primo, probabilmente, scappa. Il secondo, sicuramente, resta.

Per quanto mi riguarda, solo il tempo potrà dire se faccio l’imprenditore o se sono un imprenditore...

Ad maiora!
Stefano Passatordi
@passatordi


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venerdì 21 marzo 2014

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Non accettare soldi dagli sconosciuti

“Non accettare caramelle dagli sconosciuti!” 

Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase quando eravamo piccoli?!

Oggi, lo stesso consiglio lo vorrei dare a chiunque si trovi nella situazione di aver bisogno di cash per poter avviare o portare avanti il proprio progetto.

Ormai è chiaro a tutti, l’affermazione “Puoi avviare la tua startup anche senza soldi” è una bufala pazzesca!
Non credete mai a chiunque vi dica che “oggi come oggi, grazie ad internet, puoi avviare il tuo business con pochi euro”.

La realtà dei fatti è ben diversa:  Per fare startup i soldi servono e anche tanti!

E’ inutile prenderci in giro, servono i soldi per sopravvivere e pagare chi ci lavora, per sviluppare il prodotto/servizio, per validare la propria idea, per trovare e raggiungere i clienti, per strutturarsi e crescere come una vera azienda (se mai si arriva a questo punto..) ecc ecc.

Insomma, direi che è difficile farcela con “poche migliaia di euro”!

Se ancora non siete convinti...chiedetevi perchè esistono i VC e perchè investono anche somme molto molto alte in un solo progetto.

Quindi, uno dei principali problemi per chi vuole avviare o far crescere una startup è la “mancanza di cash”. Purtroppo, quando si è a corto di denaro da investire, i founder si possono far prendere dal panico e a quel punto parte l’ ”operazione  elemosina”!
Si inizia a chiedere soldi a chiunque, alla famiglia, agli amici, agli amici degli amici, ad angel scelti a caso, ad investitori di passaggio ad un evento. Insomma, si accetta di tutto e da tutti...

Sconsiglio fortemente questo approccio: accettare quei soldi vuol dire, probabilmente, condannare la vostra startup! 

Voi dovreste pensare alla vostra startup come a qualcosa di “prezioso”, da condividere solo con chi davvero merita e può fare la differenza, apportando un valore non solo economico.
Negli USA si chiama “smart money”, letteralmente “moneta intelligente”, appunto perchè il vero valore che devono apportare questo tipo di investitori non è solo quello monetario, ma anche l’esperienza in quel mercato, la rete di contatti, la capacità di procurarvi anche dei clienti e, soprattutto, l’intelligenza e la serietà di agire sempre e comunque per il bene della startup.

Conosco amici e persone che, pur di andare avanti, hanno accettato soldi (anche piccole cifre) da amici, parenti e privati vari. Purtroppo, però, dopo l’euforia inziale sono caduti in un baratro ancora più profondo.
Non solo i (pochi) soldi sono finiti presto, ma si sono trovati con una captable assolutamente inaccettabile per un investitore professionale.
Alla fine, ne sono usciti con tanti debiti (anche morali), hanno perso tempo prezioso e si sono giocati l’intero progetto.

Lo stesso potrebbe capitare se si sceglie il VC sbagliato, probabilmente è anche peggio perchè tutto è amplificato rispetto all’investimento “fatto in casa”.

Prima di accettare un investimento, anche se siete con l’acqua alla gola, dovete valutare con attenzione da chi state accettando quei soldi. Dovete prima informarvi e conoscere meglio l’investitore e, soprattutto, chiedervi che valore può apportare oltre a quello puramente economico.

Spesso è meglio perderlo un investimento che accettarlo...se all’inizio vi può sembrare una occasione da non perdere, in seguito potreste pentirvi della scelta. Magari è un ottimo investitore, ma, per varie ragioni, può  non essere quello adatto a voi..

In questi anni ho sentito dire spesso che firmare un contratto di investimento è peggio che firmare per un matrimonio. Credetemi...è assolutamente vero!

A questo punto vi chiedo, vi sposereste mai con una persona sconosciuta? Vi sposereste mai solo ed esclusivamente per soldi?

Buon “matrimonio” a tutti,
Stefano Passatordi
@passatordi
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martedì 28 gennaio 2014

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La mia esperienza con investitori italiani e stranieri

[Disclaimer: nessun investitore è stato maltrattato durante la stesura del post.]

Dal 2009 al 2012 ho avuto modo di incontrare investitori americani, israeliani, inglesi, spagnoli e, ovviamente, italiani.  

Nel mio piccolo, ho potuto constatare come ognuno di loro si comporti in maniera diversa dall'altro e come, tipicamente, la diversità di comportamento sia fortemente legata alla cultura del paese in cui operano.

Quasi tutti gli investitori, li ho conosciuti o tramite eventi a cui partecipavo presentando la mia startup  oppure tramite contatti in comune.  

Tre veloci premesse:
  1. Principalmente le mie considerazioni si limitano alla velocità di risposta degli investitori, perchè è un fattore che io ritengo importante. Giudicare anche altri fattori vorrebbe dire entrare nel merito di alcuni episodi e preferisco evitare.
  2. Con il termine investitori, in questo post, intendo solo i VC con dietro un fondo e non dei privati/angels.
  3. La mia esperienza è comunque limitata, stiamo parlando di una ventina di investitori in tutto.
Con il rischio di generalizzare, questo è quello che tipicamente è accaduto con gli investitori americani e israeliani: raccontavo la mia idea, mi lasciavano il loro biglietto da visita chiedendomi di inviargli le slide del pitch appena possibile. Tutto contento, la notte inviavo, via email, ciò che mi avevano chiesto. 
Il giorno dopo, tipicamente in tarda mattinata, ricevevo una telefonata da uno degli analisti del fondo che, partendo dalle slide, approfondiva con altre domande. Nel giro di 24/48 ore mi facevano sapere se avevano intenzione di continuare oppure no. In particolare, in base alla mia esperienza, gli investitori israeliani sono più tecnici e pratici ed entrano molto più nel merito del prodotto rispetto a quelli americani che ho incontrato.

Anche con gli investitori inglesi e spagnoli è andata più o meno come sopra, l'unica differenza sono stati i tempi di risposta. Gli inglesi mi facevano sapere nel giro di 10/15 giorni, gli spagnoli anche un mese....alcuni non hanno mai più risposto.

Arriviamo agli investitori italiani che ho avuto modo di incontrare e conoscere in questi anni: dal primo pitch, in genere, passava almeno un mese prima di aver loro notizie. Ovviamente dopo mie sollecitazioni. Alcuni hanno risposto che non gli interessava, altri hanno chiesto più tempo. Sono arrivato anche a tre mesi e oltre di attesa prima di ricevere una risposta concreta. 

A parte i tempi dilatati, ho notato un'altra grandissima differenza tra gli investitori italiani e gli altri che ho incontrato nel mio percorso. 
Mentre, ad esempio, l'investitore americano o israeliano, in genere, ha ascoltato fino alla fine il mio pitch...alcuni investitori italiani che ho incontrato, mi interrompevano continuamente e non per fare domande, ma per spiegarmi perchè secondo loro quello che dicevo non era corretto.

Indipendentemente dagli esiti, che potevano essere negativi in entrambi i casi, resta un fatto molto importante a mio parere: l'investitore deve fare l'investitore e l'imprenditore deve fare l'imprenditore.   

Senza distinzioni di nazionalità e cultura, credo che, in generale:  

L'investitore può o meno condividere la visione dell'imprenditore, ma non può e non deve arrogarsi il diritto di ergersi a tuttologo e spiegare all'imprenditore ciò su cui l'imprenditore stesso si scontra ogni giorno, magari da anni.  

A meno di essere avanti ad un investitore che ha grande esperienza nel mercato di riferimento, nella maggior parte dei casi, invece, è l'imprenditore che conosce meglio dell'investitore e degli analisti del fondo ciò di cui si sta parlando. 

Se l'imprenditore non è in grado di convincere l'investitore della sua idea e della sua visione è un altro discorso...  

Per farvi un esempio concreto, nel 2011 ho incontrato un investitore italiano che mi aveva detto che, secondo lui, il piano dei prezzi che avevo pensato era totalmente sbagliato...infatti, continuava lui, il mio principale competitor puntava a prezzi completamente diversi. 
Io, ho cercato in tutti i modi di fargli capire che quei prezzi venivano fuori da mesi di studio e di test con gli utenti e che, secondo me, erano assolutamente corretti. 

Ovviamente non sono riuscito a convincerlo....ma, con mia grande soddisfazione, solo due settimane dopo, il mio principale competitor ha cambiato il suo piano dei prezzi e lo ha reso quasi identico al mio!

Questo a testimoniare che, per quanto un investitore possa essere bravo e di esperienza, è sempre l'imprenditore quello che dalla mattina alla sera suda e combatte in quel particolare mercato…  

Concludo ripetendo un concetto che vorrei fosse chiaro, tutto ciò che ho riportato è legato solo alla mia personale esperienza e, molto probabilmente, molti di voi avranno avuto esperienze completamente diverse.   

Buon pitch a tutti,
Stefano Passatordi


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sabato 21 dicembre 2013

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Un anno dopo: altro giro, altra corsa

Sono passati esattamente 12 mesi dal mio ultimo post. Era il 21 dicembre 2012 quando ho annunciato il termine di un bellissimo ed intenso periodo della mia vita. Ricordo ancora lo stato d’animo con cui ho scritto quelle righe…è stato molto difficile. Ancora oggi mi fa un certo effetto rileggerlo e ricordare quei giorni.

Fortunatamente, però,  è stato un anno importante e ricco di storie ed eventi che hanno segnato, e stanno segnando, positivamente la mia vita.

Prima di tutto, però, vorrei ringraziare tutte quelle persone che, dopo il mio ultimo post, mi hanno scritto o mi hanno chiamato per testimoniare, ancora una volta, la loro stima nei miei confronti. GRAZIE a tutti!

In particolare, vorrei ringraziare un amico, una persona per bene, un padre...che mi è stato vicino nei momenti più difficili. Sono sicuro che leggerai questo post, forse non te l’ho mai detto di persona..te lo dico adesso..GRAZIE.

Terminati i saluti e i ringraziamenti…arriviamo ad oggi!

Per la seconda volta nella mia vita, dopo la laurea a Pisa, il 22 dicembre 2012 mi sono ritrovato avanti al famoso bivio: punto a fare il dipendente oppure ci riprovo?!
Ci ho provato, credetemi, ci ho provato davvero ad auto convincermi che lavorare per qualcuno fosse la strada giusta, soprattutto dopo anni di incertezze.
La mia razionalità ha provato in tutti i modi a farmi inviare il curriculum…ma l’istinto ha prevalso!

Ebbene si! Ho ricominciato!

“Ho comprato un nuovo biglietto, altro giro..altra corsa!” 

Più carico e più forte di prima, sicuro di un bagaglio di esperienze che sta finalmente portando i suoi frutti.

Per oggi mi fermo qui, ma prometto che, nello spirito del blog, vi racconterò ciò che ho capito ed imparato in tutti questi mesi, affinchè vi possa essere utile ad aprire gli occhi ed evitare alcuni errori.
Vi racconterò aneddoti “simpatici” che mi sono capitati in questi anni di startup in Italia, tra investitori, aziende e sedicenti innovatori. Vi spiegherò il mio nuovo punto di vista sul fenomeno startup, dettato dall’esperienza di questi anni e da una maggiore maturità personale.

Eh si..ovviamente vi racconterò anche su cosa sto lavorando adesso.

Spero che le numerose persone che mi hanno contattato chiedendomi di riprendere a scrivere sul blog siano soddisfatte di questo primo post, diciamo, di “riscaldamento”.  Abbiate pazienza, ho tante cose da raccontare...vedrete che vi piacerà più di prima.

Per oggi è davvero tutto.

Auguro a tutti un felice Natale,
Stefano Passatordi
@passatordi

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venerdì 21 dicembre 2012

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Da Ibrii a NextMags, tre anni di lavoro e passione

Era il 29 Marzo 2010 quando ho pubblicato il primo post di questo blog, con lo scopo di condividere la mia esperienza con voi e con l'intento di poter aiutare, nel mio piccolo, a risolvere dubbi e incertezze di chi, come me, stava iniziando una avventura eccezionale, nota ormai a tutti con il nome "startup".

Rileggo il primo post a distanza di 33 mesi e vengo assalito da tante emozioni, spesso contrastanti, tanti ricordi, tra gioie e dispiaceri. Trentatrè mesi dopo mi ritrovo a fare un resoconto di questa fantastica esperienza e ho deciso di farlo scrivendo un nuovo post su questo blog, da dove tutto è cominciato.

La prima cosa che mi viene da pensare rileggendo il primo post è che 33 mesi fa ero passione pura e molto molto ingenuo..oggi rileggo ciò che io stesso ho scritto e mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio punto di vista, dopo aver fatto questa esperienza che mi ha portato in giro per il mondo, mi ha permesso di conoscere tante persone e di crescere come nessun altro "lavoro normale" mi avrebbe permesso.

Sono contento della mia scelta e sicuramente è un percorso che ancora continua...questa volta, però, con una maturità ed una esperienza che prima non avevo.

Oggi, si chiude ufficialmente il mio primo capitolo con il mondo startup: NextMags è stato spento. Oggi, si chiude un ciclo che va da Ibrii a Searcheeze a NextMags, tre nomi diversi per uno stesso servizio che si è evoluto nel tempo e si è sempre migliorato..di nome in nome :)

In molti mi avete scritto per sapere le motivazioni della chiusura, ma in realtà non esiste una unica motivazione...è stato un insieme di fattori che mi ha indotto a prendere una decisione sicuramente non facile e molto sofferta.

Prima di tutto vorrei precisare che è stato chiuso il servizio consumer, ma la società Ibrii Inc. è ancora attiva e vende il software white label alle aziende interessate al mondo della content curation.

La mia decisione di chiudere la parte consumer è dipesa da molteplici fattori, ma non sarei un vero CEO se non mi assumessi le mie responsabilità. Ho fatto sicuramente tanti errori, dovuti all'inesperienza e alla mia innata buona fede negli altri, e certamente mi sono assunto le mie responsabilità. Chiudere NextMags, dimettersi e ammettere di aver commesso errori e aver fallito rispetto agli obiettivi iniziali non è sicuramente una passeggiata, ma affronto questo passo a testa alta e fiero di tutto quello che ho saputo creare in questi mesi, oltre che consapevole di aver imparato tantissimo.

Non mi importa se oggi qualcuno dirà che ho fallito, perchè vuol dire che almeno ci ho provato e sono arrivato fino in fondo al percorso, senza tirarmi indietro e senza paure di alcun tipo.
Ho deciso di mettermi in gioco in tempi non sospetti, quando la parola startup era solo per pochi addetti. Ho inziato quando pochissimi investivano sul web e sui giovani, quando non esistevano incubatori, quando non venivano organizzati eventi ad hoc...quando qui in Italia c'era ancora il deserto assoluto.

La chiusura di NextMags segna la fine di un capitolo importante della mia vita e in pochissimi sanno che è solo un caso se questo capitolo termina con una chiusura anticipata e non con una exit.
Nel 2012 abbiamo ricevuto due proposte di acquisizione, la prima non ci soddisfava e l'ultima è sfumata solo poche settimane fa, all'ultimo incontro, dopo mesi di trattative...peccato! :)

Ecco il bilancio di questi 33 mesi:
- Tanta esperienza: tre round di investimento chiusi, un quarto molto importante in trattativa, due proposte di acquisizione;
- Lavoro per 25 persone in tutto, tra core team e collaboratori;
- Numerosi contatti;
- Tanto divertimento.

Probabilmente, a questo punto, alcuni di voi si chiederanno perchè ho deciso di chiudere e di non continuare..la risposta non è ovviamente immediata e richiede un post dedicato.

Concludo dicendo che sono stati mesi fantastici, sicuramente difficili e lunghi, ma ho ricevuto in cambio anche tante soddisfazioni. E' stata la mia prima esperienza, sono partito da zero e dopo meno di tre anni ho toccato la exit con un dito...ma si sa, nella vita non sempre le cose vanno come vorresti :)

Adesso guardo al futuro e sono sicuro che la prossima sarà la volta buona!

Ringrazio tutti voi per l'energia che mi avete trasmesso in questi mesi. Ringrazio anche, e soprattutto, tutti quelli che mi hanno voluto male..è grazie a loro se oggi mi sento più imprenditore di ieri.

Grazie!
Stefano Passatordi
@passatordi


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domenica 20 novembre 2011

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Steve Jobs, uno di noi!

Poco meno di un mese fa, Carlo e Ludovico mi hanno regalato il libro sulla biografia di Steve Jobs e, purtroppo, non avendo molto tempo libero per leggerlo, sono arrivato solo al quarto capitolo.

Non so ancora come saranno i capitoli successivi, ma i primi quattro sono stati formidabili per due motivi:

1.    Raccontano la storia della Silicon Valley, come è nata e come si è evoluta (la storia vera, non quella in cui molti credono, ovvero che la SV sia sempre stata lì e che si sia creata dal nulla!);
2.    Raccontano Steve Jobs uomo e non ancora mito.

Le persone che mi conoscono da una vita, sanno bene che io non sono di quelli che si crea miti ogni giorno e che punta ad emulare qualcuno, anzi..è l’esatto contrario. Devo ammettere, però, che Steve Jobs, soprattutto negli ultimi 5 anni, è stato l’unico che mi ha fatto pensare ed esclamare più volte: “Cazzo, che mito!”.

A quanti di voi è capitata la stessa cosa pensando a lui o guardando uno dei suoi fantastici lanci di prodotto?

Fino a prima di iniziare a leggere il libro, per me, Steve Jobs era una entità superiore. PUNTO. Senza se e senza ma. Quasi come la Silicon Valley, esiste e sta lì da oltre 50 anni.
Sia l’uno che l’altro sono come due dogmi, esistono e basta.

Personalmente, però, non mi ero mai chiesto seriamente come avesse fatto Jobs a diventare un mito per milioni di persone in tutto il mondo. Io l’ho conosciuto già mito e negli anni ho portato avanti la sua immagine di simbolo senza mai mettere in dubbio il suo lato “umano”.
Grazie al libro, finalmente, con mio immenso piacere, ho capito che anche lui, anche il mito Steve Jobs era uomo ancor prima che simbolo.

Questa presa di coscienza potrà sembrare banale per molti di voi, ma a me ha cambiato di molto le cose.

Leggendo il libro, ho realizzato che Steve Jobs era uno di noi!

Anche lui, come tanti di noi, ha iniziato partendo dal nulla e, alla fine, ha creato un impero chiamato Apple (..noi speriamo di fare lo stesso).
Lui ha dovuto affrontare gli stessi problemi che dobbiamo superare anche noi oggi. Ha dovuto mettere su il team con il suo amico (altro uomo mitologico) Steve Wozniak e non senza problemi. Anche loro hanno rispettato la regola d’oro: nel team ci deve essere chi sviluppa e chi vende.
Anche loro hanno discusso, hanno litigato, hanno commesso tanti errori..eppure..sono riusciti a diventare l’Apple.

Vogliamo parlare dei sacrifici che hanno dovuto fare per portare avanti il loro progetto?
Hanno lavorato di giorno e di notte, con doppio lavoro, e hanno dovuto vendere cose a loro care.

Quanti di voi si possono rispecchiare in queste situazioni?

Una delle cose che più mi ha rincuorato è che molti investitori hanno detto “NO a Steve Jobs!”.
Ma ci pensate?
Non hanno creduto nel progetto di due giovani trasandati la cui azienda si chiamava Apple.

Esattamente come tanti di noi che oggi si sentono dire NO da un investitore.

Sapete questo cosa dimostra, a mio parere? Che gli investitori, incapaci (di vedere oltre), sono sempre esistiti!
Non è solo una caratteristica di alcuni investitori di oggi, è la storia che si ripete..diceva Vico.

All’inizio, quando avevano bisogno di soldi, Jobs andò a chiedere finanziamenti ovunque. Spesso veniva giudicato solo dall’apparenza trasandata, altre volte, invece, incontrava gente boriosa e troppo sicura della propria ignoranza che sentenziava sulla sua idea definendola senza potenziale e troppo rischiosa. Proprio come accade anche oggi.

Cazzo ragazzi, si parlava dell’Apple!

Certo, molti di voi penseranno che all’epoca era solo una idea presentata da due giovani hippies e nessuno avrebbe mai potuto sapere che sarebbe diventata la grande mela.
Questo è verissimo, ma, a mio giudizio, questo è il limite che divide un Investitore che sa fare il suo mestiere e chi, invece, vuole giocare a fare l’investitore.

Per nostra fortuna, Jobs incontrò persone in grado di guardare oltre e che investirono i primi dollari nel suo progetto. Negli anni a seguire, come anche oggi, grazie anche a quegli Investitori, noi tutti, compresi gli altri investitori, possiamo godere delle meraviglie create dall’Apple.

Ci pensate come potrebbe essere oggi se Steve Jobs non avesse mai incontrato quelle persone? Se tutti gli avessero chiuso le porte e se non avesse mai trovato qualcuno che ha avuto il coraggio di credere in lui?

Un altro aspetto importante che mi ha colpito è che Steve Jobs non è nato “imparato”!
Anche lui, all’inizio, non sapeva niente su come si facesse una azienda, su come bisognasse portare avanti le cose e non sapeva scrivere neanche la documentazione necessaria!
Imparò tutto da altre persone più esperte come Mike Markkula.

Per concludere, ricordate che anche Steve Jobs, si proprio lui, ha dovuto iniziare da zero.
Anche lui ha dovuto stringere i denti all’inizio, anche lui ha dovuto combattere per dimostrare che la sua idea imprenditoriale era vincente, anche lui ha incontrato investitori che gli hanno chiuso le porte in faccia, anche lui ha commesso tanti errori, anche lui ha dovuto imparare strada facendo.

Certo, sia Jobs che Wozniak erano dei talenti, inutile far finta che non fossero persone uniche, ma, anche loro, sono stati degli startupper!


Never give up!
Stefano Passatordi

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giovedì 27 ottobre 2011

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[OT] Searcheeze apre la beta pubblica e mette in palio nuovissimi iPhone 4S

Il mio ultimo post risale ai primi di Luglio, ovvero più di due mesi e mezzo fa. Una "assenza" di cui mi avete chiesto in tanti, grazie :)

Adesso veniamo a noi...il motivo della mia assenza è stato Searcheeze.

Non so a quanti di voi capiti, ma io mi sento completamente ossessionato da quello che sto facendo e lo dico in senso posivito. Io vivo per il mio progetto, vivo per portare a compimento un sogno, vivo per rendere reale un qualcosa che ho in mente da tempo. Mi sveglio la mattina e la prima cosa a cui penso è come migliorare, cosa devo fare per rendere Searcheeze un "must have" product. Quando vado a letto la sera, mi domando sempe se nella giornata ho commesso degli errori, se potevo fare meglio e potevo dare di più. E' forse pazzia?..non lo so, ma credo che essere innamorati del proprio sogno e del proprio progetto sia una fortuna. Lavori meglio, lavori di più e lavori per te!
Per questo non ho avuto tempo per scrivere nuovi post, ero impegnato..con il mio amore: Searcheeze.

Per fortuna, in questa straordinaria avventura, non sono solo. Sono affiancato da ragazzi in gamba, da ragazzi che non si trovano facilmente in giro, da persone serie e grandi lavoratori: Flavio Gambardella, Carlo Mallone e Ludovico Grossi.
E' con loro che in questi mesi abbiamo lavorato duramente per rendere Searcheeze un prodotto e ancora lavoreremo tanto per renderlo "the product". Vogliamo arrivare a renderlo verbo: "Searcheeze it!".

Oggi, dopo mesi di lavoro, siamo felici di annunciare che Searcheeze apre al pubblico e entra ufficialmente in beta pubblica. Inoltre, finalmente, dopo mesi di test e ricerche, abbiamo trovato la nostra strada, quella che ci porta dritti dagli utenti che pagano. In fondo, non ci dimentichiamo mai che fare startup è bello, ma l'obiettivo finale è sempre lo stesso: monetizzare.

A tutti quelli che ci chiedono: "Ma voi che fate? Che fa Searcheeze?"

Noi rispondiamo: "Searcheeze è la prima piattaforma per la collaborative content curation."
Lo dico in inglese, perchè, purtroppo, in italiano la traduzione letterale non è esaltante: cura dei contenuti collaborativa (è "cura" che non mi suona :).

Per poter capire a cosa serva e quanto sia utile Searcheeze, bisogna prima comprendere il fenomeno della content curation.

I contenuti presenti in Internet sono innumerevoli e sparsi su oltre 25 Miliardi di pagine web. L’enorme problema è che l’informazione è frammentata e distribuita su vari siti e gli strumenti attuali non soddisfano più le esigenze degli utenti che richiedono sempre più contenuti di valore in sempre meno tempo.

La gestione e organizzazione dei contenuti è diventata la sfida del nuovo web: la “content curation” (cura dei contenuti) è il processo volto a far emergere i migliori contenuti circa un determinato topic (argomento).

Il processo di cura dei contenuti è composto da tre fasi: filtraggio dei contenuti migliori, cura (ovvero organizzazione e contestualizzazione) degli stessi, pubblicazione del lavoro finale a favore degli altri utenti.

Searcheeze vuole diventare la principale applicazione per la content curation, offrendo una piattaforma completa per il content curator che vuole rendere facilmente fruibili agli altri utenti i contenuti di loro interesse, aspirando a diventare un punto di riferimento per la community che è interessata al topic stesso.

Per adesso, mi fermo qui. Nei prossimi mesi introdurremo nuove importanti funzionalità e vedrete come Searcheeze potrà essere utilizzato per fare personal e professional branding, sfruttando la content curation.

In occasione del lancio della beta pubblica, il team di Searcheeze ha indetto un concorso e ha messo in palio vari premi, tra cui anche nuovissimi iPhone 4S.



Vincere è molto semplice:
1. registrati
2. cura un topic a scelta nell'ambito Tech e Social Media (ovvero: scegli un argomento da trattare, poi usando la nostra bookmarklet raccogli contenuti interessanti circa quell'argomento e pubblica il tutto sotto forma di magazine. Potrai partecipare e curare il topic scelto da solo oppure con altre due persone.)
3. fallo diffondere.

Ti aspettiamo su Searcheeze, non te ne pentirai!
Seguici su Twitter e Facebook.

Grazie,
Stefano, Flavio, Carlo e Ludovico

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lunedì 11 luglio 2011

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Ecco come si converte una convertible note

Tempo fa abbiamo visto cosa sono le convertible note e come funzionano.

Ormai già da qualche anno sono diventate lo standard per investire in fase seed e, per quello che ho potuto constatare di persona, anche in Italia (finalmente) vengono utilizzate per finanziare le startup early stage.

Adesso la domanda è: Che cosa succede alla cap table della società quando una note viene convertita?

Per spiegarvelo, prenderò un caso facile di una startup che si chiama Startappa (copyright Francesco Sullo :) e di un investitore che si chiama Tedoisordi.

Startappa ha due soli founders, Marco e Paola, ognuno con il 50% della società che ha un totale di 100.000 azioni.

Quindi la cap table sarà:

- Marco: 50.000 shares (50%)
- Paola: 50.000 shares (50%)

Marco e Paola firmano con Tedoisordi una note del valore di $100.000. Molto semplice, senza interessi, nè cap massimo e nè clausole strane.

L’unica clausola da considerare per i nostri calcoli è lo sconto sull’acquisto delle nuove azione in caso di series A. Ipotizziamo che la note dica che se la valutazione pre-money sarà al max. $2M allora Tedoisordi converte i $100k al 100% del prezzo delle shares. Se la valutazione supera $2M, Tedoisordi acquista le shares con uno sconto pari al 30% del prezzo delle stesse.
In pratica, pagherà le nuove shares il 70% del valore di partenza.

Adesso, vediamo con i numeri cosa vuole dire il precedente paragrafo.

Ipotizziamo che arrivi un grosso investitore che si chiama Motecompro e che decida di investire $1.5M in Startappa.

1. I founder devono trovare una valutazione alla startup. Vediamo il primo caso, in cui la valutazione pre-money sia uguale a $2M.

2. Adesso bisogna calcolare il prezzo delle shares. Per farlo basta dividere la valutazione pre-money per il numero di shares presenti in quel momento nella società. Ovvero: 2M/100k = 20. Il prezzo per share sarà quindi di $20.

3. Adesso calcoliamo quante azioni devono essere emesse in aumento di capitale per far entrare l’investitore con $1.5M. Quindi: $1.5M/$20 = 75.000 nuove shares.

4. Adesso calcoliamo quante azioni devono essere emesse per la conversione della note. Siccome la pre-money è minore/uguale a $2M, la conversione avviene al 100% del prezzo della share. Quindi: $100k/$20 = 5k.

Alla fine nella società ci sarà un totale di 100k + 75k + 5k= 180k shares.

Al termine dell’investimento la nuova cap table sarà:

- Marco: 50.000 shares (~28%, $1M)
- Paola: 50.000 shares (~28%, $1M)
- Tedoisordi: 5.000 shares (~2%, $100k)
- Motecompro: 75.000 shares (~42%, $1.5M)

Il valore post-money finale sarà di $3.6M.

Adesso, vediamo cosa succede nel caso in cui la valutazione pre-money superi i $2M.

Ipotizziamo che la pre-money sia di $3M.

Come primo effetto, varia il prezzo per share: $3M/$100k = $30.

Quindi, Motecompro con lo stesso investimento potrà prendere meno shares: $1.5M/$30 = 50k shares.

Tedoisordi, invece, applica lo sconto sul prezzo di acquisto delle shares e subirà una diluzione inferiore. Il prezzo per lui sarà di: $21, ovvero il 70% di $30.
Con questo prezzo potrà prendere: $100k/$21 = ~ 4.762 shares.

Il totale complessivo delle shares sarà quindi: 100k + 50k + 4.762 = 154.762 shares.

La nuova cap table sarà:

- Marco: 50.000 shares (~32%, $1.5M)
- Paola: 50.000 shares (~32%, $1.5M)
- Tedoisordi: 4.762 shares (~3%, $143k)
- Motecompro: 50.000 shares (~32%, $1.5M)

(Le percentuali sommate fanno 99% per motivi di arrotondamenti)

Il valore post-money finale sarà di $4.643.000.

Non notate nulla di strano?...Tedoisordi ha investito $100k, ma risulta con $43k in più.

Questo è l’effetto dello sconto sull’acquisto delle shares :) Investe una somma e si ritrova a possedere più quote rispetto a quello che normalmente dovrebbe avere. Ecco il vero vantaggio di chi investe con le note.

In pratica, una valutazione maggiore va a vantaggio sia dei founder che dell’investitore che ha investito con la note, perchè può applicare lo sconto e prendere, in proporzione, una maggiore quota della società.

Ovviamente questo è il caso base, utile per spiegare il meccasino della conversione di una note.

In genere, bisogna considerare gli interessi accumulati con la note (basta sommare alla somma investita con la note anche gli interessi accumulati) e il pacchetto delle option pool (vanno inserite nel calcolo del price per share e contribuiscono ad abbassare il valore a vantaggio degli investitori). Ci sono anche altre clausole che possono complicare i calcoli, come la "warrant coverage", una specie di stock option legata alla note (trovate maggiori dettagli nel precedente post sulle note).

Spero di non aver commesso nè errori di logica e nè errori di calcolo, in caso contrario fatemi sapere così posso modificare.

Buona conversione a tutti!
Stefano Passatordi
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martedì 5 luglio 2011

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[Mezzo OT]Frullato maxi: Ringrazimenti, Barcellona e San Francisco!

Ciao a tutti ragazzi!

Prima di tutto vi chiedo perdono se ultimamente non riesco più a scrivere sul blog come ho fatto nei mesi passati. Il pivot da Ibrii a Searcheeze è stato pesante e lungo, ma adesso sembra che tutto vada per il meglio…

Inoltre, volevo ringraziare le numerose persone che durante la finale a Roma dell’InnovAction Lab mi hanno fermato per farmi i complimenti per il blog e per chiedermi nuovi post. In particolare, 3 ragazzi, di 3 diverse startup, che mi hanno confessato di aver deciso di fondare una startup leggendo il mio blog.

Questa è la soddisfazione più grande a cui io possa mai aspirare con questo blog. Grazie di cuore a tutti!

Adesso vi vorrei aggiornare velocemente su quello che sta succedendo con Searcheeze.

Tutto sta accadendo alla velocità della luce, forse troppo in fretta…ma noi siamo di ferro!

Dal lancio della beta chiusa, un mese fa ormai, abbiamo raccolto migliaia di email per gli inviti, provenienti da tutto il mondo ☺

Siamo stati finalisti al BizBarcelona a giugno ed è andato tutto molto bene: ho parlato con VCs americani ed europei e raccolto feedback importantissimo. Giudizio super positivo!

Ho anche avuto l’onore di poter parlare con Steve Blank (prima foto) e Randy Komisar (seconda foto).





(nella seconda foto anche Alessio Rocchi, fotografo il CTO Flavio Gambardella)

Ma non finisce qui…Solo poche ore fa siamo stati avvisati che Searcheeze è finalista all’European Demo Day a San Francisco il prossimo 21 luglio!!!

Oltre 100 startup europee hanno applicato, ma solo 10 sono state scelte per presentare avanti i più importanti investitori US. Eh si ragazzi! Searcheeze è tra le 10 finaliste!

Un gran successo per noi, considerando il fatto che siamo ancora in beta chiusa e siamo già arrivati in finale a due eventi di portata mondiale il primo ed europea il secondo.

Qualche mese fa, sia Augusto Coppola che Fabrizio Capobianco mi dissero che quello che stavo facendo poteva diventare davvero “the next big thing”.
Uscimmo da un ristorante e scherzando ci siamo detti: “facciamo la nuova Google!”.

Unire il tema della search e quello della collaboration, almeno fino ad ora, sembra essere stata una buona intuizione e sta portando i suoi frutti ☺

Noi ce la stiamo mettendo tutta!

Incrociamo le dita e via..si vola ancora verso San Francisco!

Seguiteci su Twitter, Facebook e sul blog.

Grazie a tutti!
Stefano Passatordi
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mercoledì 25 maggio 2011

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Startup tecniche e non-tecniche

Più volte ho detto e scritto che, secondo me, il team è più importante dell’idea. Inoltre, ho sempre affermato anche che il team necessita di tecnici per poter avviare la startup in economia.

Oggi, in questo post, confermo tutto: il team viene prima dell’idea e avere tecnici tra i founder è un valore aggiunto.

Non posso, però, non soffermarmi sul fatto che, in Italia, buona parte delle startup che ho avuto modo di conoscere direttamente e non, ha un team di “non-tecnici”.

Ovvero, tra i founder ci sono economisti, avvocati, esperti di marketing, figure social e chi più ne ha più ne metta. Aprendo la pagina team di queste startup, si leggono sigle di ogni tipo: CEO, CFO, CMO, COO, CCD, CCC, CIA’CIA’…insomma, c’è proprio tutto ma non si vedono tecnici!

La prima cosa che mi viene in mente quando incontro startup di questo tipo è: “ma chi ha sviluppato il prodotto??”

Allora penso che, forse, gli gnomi del bosco magico esistono e sanno anche sviluppare.

Di questo tipo di startup, in Italia (sicuramente anche all’estero) ne esistono tante e, spesso, vanno anche molto bene. Più di quelle tecniche.

Ma allora, esiste o meno un modello ideale di startup??E’ vero che a parità di idea, una startup tecnica è più efficiente di una non-tecnica?

Questa è la domanda che da qualche tempo mi frulla per la testa. Proviamo a capirci di più.

Prima di tutto, personalmente, divido le startup in due categorie principali: tecniche e non-tecniche.

Quale sia la principale differenza dovrebbe essere chiaro, le startup tecniche hanno tra i founder dei tecnici che concretamente sviluppano il prodotto. Le startup non-tecniche hanno tra i founder tutte le figure possibili e immaginabili, ma nessun tecnico.

Tipicamente le startup tecniche sono composte da 2 a 4 persone. Spesso tutti nerd che sviluppano. Questa tipologia di startup, la conosco abbastanza bene.

L’altra tipologia, quella “non-tecnica”, è un mondo sconosciuto per me e mi piacerebbe capirci di più.

Parlando con qualche startup di questo tipo ho intuito che il loro iter è più o meno il seguente:

1. individuata l’idea/prodotto vengono ingaggiati in outsourcing dei tecnici per sviluppare il prodotto. In base allo stato della cassa, ricorrono a studenti universitari, freelancer, piattaforme crowd o amici di amici.

2. mentre il prodotto viene sviluppato, i founder già si occupano di promuoverlo e di venderlo. Prima ancora di averlo terminato. Spesso li trovi presenti a tutte le conferenze, tutti gli eventi, girano l’Italia e il mondo per promuovere la loro idea. TUTTI, non uno o due, ma TUTTI. (questa osservazione è detta con un pizzico di invidia…anche a me piacerebbe…)

3. a prodotto finito, tipicamente sono bravissimi nella fase di lancio e continuano più di prima a promuovere e vendere il loro servizio e chiudere accordi.

Sono, quindi, due modi completamente diversi di vivere l’esperienza startup.

Da un lato si punta molto sul prodotto, dall’altro si punta sul saper vendere il prodotto.
Ognuno, giustamente, gioca le proprie carte..

Provando ad analizzare pro e contro delle due tipologie:

- Pro:

Tecniche: sviluppando direttamente il prodotto si ha un punto di vista privilegiato. Generalmente i prodotti sono più solidi e più curati. Il know-how rimane interno alla startup. Tipicamente lo sviluppo costa meno. Possibile puntare su barriere all’ingresso di tipo tecnico e di ricerca.

Non-tecniche: prima ancora di essere realizzato, il prodotto è già sul mercato. Tempi di realizzazione mediamente inferiori perchè non c’è la cura maniacale dei dettagli. Maggiore capacità di valutare il mercato e le opportunità.

- Con:

Tecniche: maggiore difficoltà nel promuovere/vendere la propria idea. Maggiori tempi di sviluppo, spesso si perde il focus: da tecnici la voglia di aggiungere 1000 funzionalità è sempre tanta.

Non-tecniche: il know-how non è un asset interno, soprattutto se lo sviluppo viene affidato a piattaforme crowd. Molto difficile creare barriere all’ingresso di tipo tecnico.

Ovviamente questi non sono tutti i pro e i contro, ma solo i principali secondo il mio punto di vista.

Provando a tirare le somme, entrambe le tipologie sono assolutamente valide. Quale scegliere dipende solo dalle attitudini del team.

Alla fine, mi viene in mente una famosa frase de “Le Satire” di Orazio: “Est modus in rebus”. Sarebbe l’ideale avere un team composto da tecnici che sviluppano e da non-tecnici che promuovo, vendono e organizzano.

Sembra banale…ma non lo è!

Buona startup a tutti!
Stefano Passatordi
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giovedì 19 maggio 2011

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Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa: Questionario per startup


Qualche giorno fa, un gruppo di ricercatori della Sant'Anna di Pisa mi ha contattato circa un questionario che vorrebbero sottoporre alle startup italiane per capire quali sono i problemi attuali e quali le possibili soluzioni.

Il questionario si compila in pochissimi minuti e credo che sia una ottima occasione per raccontare i "problemi" di noi startuppari :)

Spero che in tanti risponderete al questionario.

Ricordate che il cambiamento inizia proprio da noi!

"Siamo degli studenti della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, stiamo svolgendo attività di ricerca su startup, spin-off e PMI technology based al fine di capire quali siano i principali bisogni/necessità di queste realtà aziendali.
Il questionario richiede solo pochi minuti.
La ringraziamo per la disponibilità.

Studenti Master MAINS"

Link: inizia il questionario

Grazie a tutti,
Stefano Passatordi

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mercoledì 27 aprile 2011

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Una storia di successo tutta italiana: Nerio Alessandri, fondatore di Technogym

Grazie a Zeno Tomiolo, che ha fatto da gancio, oggi vi propongo l'intervista a Nerio Alessandri, fondatore e Presidente di Technogym.

1) Salve Nerio, anche se in Italia lei è già conosciuto ed affermato come imprenditore di successo, vuole presentarsi e dirci chi è ?

Sono un designer appassionato di wellness e di innovazione. Nel 1983, a 22 anni, ho fondato Technogym; oggi Technogym è leader mondiale nel settore del wellness ed impiega circa 2000 collaboratori, nelle sue 13 filiali in Europa, Stati Uniti, Asia, Medio Oriente, Australia e Sud America. I nostri prodotti sono presenti in circa 100 paesi e stimiamo che 20 milioni di persone tutti i giorni li utilizzino in 50.000 installazioni presso palestre, hotels, aziende e case private.

2) Potrebbe raccontarci qualcosa in più circa il suo inizio quando, per la prima volta, lei si è affacciato al mondo startup/imprenditoriale?

A 22 anni mi occupavo di industrial designer in un’azienda della mia città a Cesena ma avevo un sogno, quello di diventare imprenditore. Come molti ragazzi amavo lo sport e l’attività fisica. L’intuizione di Technogym nasce dalla combinazione fra la passione per lo sport e le mie competenze di designer. Tutto è iniziato come hobby durante i fine settimana per poi trasformarsi in un impegno a tempo pieno; ma devo dire che ancora oggi lo vivo come un hobby e forse questa è la chiave dell’entusiasmo che riesco a vivere ogni giorno per quello che faccio.

3) Può raccontarci, brevemente, la storia di Technogym? Da startup a colosso mondiale.


All’inizio degli anni 80, nella provincia italiana, la tecnologia in palestra difficilmente andava oltre rudimentali manubri, panche e bilancieri. Frequentando una palestra a Cesena, la mia città, ho intuito che in questo mercato c’era spazio per innovare: il primo attrezzo che ho disegnato e costruito nel mio garage, dotato di una innovativa tecnologia ergonomica e servo assistita ha subito riscosso un grande successo in palestra. Ben presto altre palestre della zona mi hanno contattato e il mio iniziale hobby si è trasformato in un lavoro a tempo pieno. Ho coinvolto dapprima gli amici: un vicino di casa esperto nell’elaborazione delle moto mi ha aiutato sugli aspetti produttivi, mia cugina, giovanissima impiegata mi ha aiutato sugli aspetti amministrativi, un amico reduce da un’esperienza negli Stati Uniti mi ha aiutato sugli aspetti commerciali. L’innovazione ha sempre rappresentato il motore della nostra crescita: negli anni ’80 quando tutti parlavano di body building, noi parlavamo di fitness ed abbiamo aggiunto ai pesi sicurezza, ergonomia e design, negli anni ’90 quando tutti parlavano di fitness, Technogym ha lanciato il wellness, un vero e proprio stile di vita fatto di regolare attività fisica, sana alimentazione ed approccio mentale positivo. Se Fitness significava “look good”, wellness significa “feel good”. Il Wellness ha rappresentato una vera e propria rivoluzione che ci ha permesso di andare oltre la nicchia di sportivi attratti dal fitness ed offrire una opportunità sociale a tutti. Il nostro motto oggi è “star bene conviene”; e conviene a tutti, alle istituzioni per abbassare i costi della salute pubblica, alle aziende per investire in persone più motivate e più creative e ai cittadini per vivere meglio.

4) Quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato lungo il suo percorso da giovane founder ad imprenditore di successo?

Ritengo che la sfida più difficile per un imprenditore sia costruire la squadra giusta con le persone giuste al posto giusto. Per questo in Technogym da sempre investiamo in cultura aziendale: un sistema di valori condivisi, a tutti i livelli dell’organizzazione, che permetta alle persone di sentirsi parte di un progetto e di crescere nell’ambito del team. Oggi le nostre persone, le loro competenze, la loro creatività e la loro passione rappresentano senza dubbio il patrimonio più importante per Technogym.

5) Quali gli errori più importanti che ha commesso e che potrebbe commettere un giovane startupper?

Nella vita ho commesso parecchi errori perché ho fatto tantissime cose. Penso che lo startupper, come tutti coloro che fanno, siano fisiologicamente soggetti a commettere errori. Chi fa tanto, ha più probabilità di sbagliare, ma anche più probabilità di fare la cosa giusta o trovare l’idea che mancava. Penso che l’importante sia lavorare sui propri errori e considerarli delle opportunità per imparare e ripartire.

6) Crede che rispetto a qualche anno fa, quando ha iniziato, qualcosa sia cambiato in Italia? Chi inizia oggi, è più o meno fortunato rispetto a prima?

Ogni momento storico è caratterizzato da difficoltà ed opportunità. Di sicuro nei primi anni 80 quando ho avviato l’avventura di Technogym il mercato dei beni strumentali offriva un potenziale di sviluppo maggiore rispetto ad oggi. Ma allo stesso tempo, oggi internet e l’economia digitale offrono molte opportunità che all’epoca non esistevano. L’importante è credere nei propri sogni e perseguirli con passione e costanza.

7) Se lei ne avesse il potere, cosa cambierebbe in Italia per agevolare e stimolare i giovani imprenditori?

E’ necessario prima di tutto investire in formazione ed in ricerca per offrire ai nostri giovani le stesse possibilità culturali e di sviluppo personale dei loro coetanei e “concorrenti” che studiano negli altri paesi. Poi ritengo necessario che il sistema bancario sia più vicino al mondo dell’impresa ed al mondo delle idee di modo da agevolare e finanziare i progetti più interessanti e meritevoli che poi diventano patrimonio di tutto il nostro tessuto economico.

8) Quali sono i consigli che si sente di dare ai giovani che oggi decidono di fondare una startup?

Umilità, sapere ascoltare, essere curiosi e saper mettersi in discussione senza crogiolarsi nelle proprie certezze. Approccio positivo: vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto, concentrarsi nella ricerca delle opportunità e non nell’analisi delle difficoltà.


Ringrazio il fondatore di Technogym, Nerio Alessandri, sia per aver risposto alle mie domande..ma, soprattutto, perchè è anche grazie al suo genio imprenditoriale se oggi noi tutti possiamo andare nelle palestre ad allenarci!



Grazie,
Stefano Passatordi
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lunedì 18 aprile 2011

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[OT] Ibrii si evolve, nasce: Searcheeze


Erano mesi che volevo scrivere questo post ☺

Finalmente, dopo mesi di lavoro, di attese, di incertezze, di contrattazioni e di svariati ed innumerevoli imprevisti e problemi, posso ufficialmente annunciare che Ibrii si evolve e diventa Searcheeze! (si legge searchisi)

Andiamo per gradi e ripartiamo da quasi un anno fa, Maggio 2010. A metà maggio del 2010, pubblichiamo la nuova versione di Ibrii che, nonostante i vari bug e alcuni limiti di usabilità, supera i 200.000 utenti unici al mese! Bel risultato direi, considerando che sono provenienti per il 70% dagli USA e che il prodotto è ancora in sviluppo. Poi arriva il viaggio in California, incontri importanti con Angels e bloggers influenti.
Il nuovo Ibrii piace e riceviamo una proposta concreta da alcuni Angels di Menlo Park, ci vogliono incubare nella loro struttura e conoscerci prima di investire. A questo punto sembrava fatta, ma la vita è bastarda..si sa, all’improvviso ci cadono in testa tegole enormi e siamo costretti, per forza di cose, a dover tornare in Italia e affrontare la realtà.

Per vari motivi non posso dirvi che tipo di problemi abbiamo avuto, ma ci hanno paralizzati per 6 mesi! Diciamo solo che spesso, nella vita, le cose accadono e basta.

Sei mesi di stop totale per una startup web equivalgono ad oltre un anno, in questo settore dove tutto viaggia alla velocità della luce. Perso il treno con gli investitori americani, iniziamo a perdere gli utenti, i quali, non vedendo alcun cambiamento e nessun supporto, hanno (giustamente) lasciato il nostro servizio. Scendiamo a 130.000 unici al mese.

Tutto sembrava stesse per finire, ma è proprio in questi momenti che i founder devono dare il meglio e devono restare aggrappati con i denti e con le unghie ai loro sogni e alle loro speranze.

In questi mesi in tanti mi avete chiesto di Ibrii, come mai era fermo lo sviluppo, come mai non si vedevano cambiamenti. Ogni volta per me era una coltellata al cuore, non potevo e non volevo far sapere a nessuno che la nostra creatura era in difficoltà. Forse, adesso, qualcuno capirà perché sono stato schivo e vago quando mi chiedevano di Ibrii. Non per maleducazione o altro, semplicemente mi faceva male dover ammettere a me stesso che proprio sul più bello, quando tutto andava bene, la sorte ha voluto che dovessimo arrestare la nostra corsa. C'est la vie!

A distanza di qualche mese, posso orgogliosamente affermare che Ibrii non è morto, anzi è cresciuto tantissimo, al punto tale da prendere un altro importante finanziamento e di ripartire con una sua evoluzione che si chiama Searcheeze.

Come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere. Nei mesi di stop forzato, abbiamo deciso di riflettere a fondo sul nostro percorso per capire se stavamo percorrendo la strada giusta. Ci siamo cosparsi il capo di cenere e abbiamo chiesto ai nostri utenti e agli investitori italiani ed USA, come potevamo migliorare il nostro servizio e quale doveva essere, secondo loro, il nostro focus.

Dopo mesi di studio e analisi dei feedback, abbiamo deciso di sfruttare la tecnologia di Ibrii per qualcosa di più concreto ed importante: la ricerca collaborativa.


Searcheeze: search collaboration made easy!


Per questo abbiamo deciso il cambio del nome. E' un servizio che si basa molto sulla tecnologia di Ibrii, ma nella pratica è un qualcosa di completamente diverso. Inoltre, il nome Ibrii non è mai piaciuto troppo agli americani ☺

Grazie a Searcheeze è possibile collezionare ogni tipo di contenuto web dai risultati delle ricerche. E’ possibile farlo singolarmente o in gruppo, in maniera collaborativa. Ovviamente, l’intero lavoro potrà essere anche pubblicato sul proprio blog o sui vari account social.

Per la prima volta, grazie a Searcheeze, sarà possibile effettuare ricerche di gruppo!

Il tutto mantenendo la semplicità di utilizzo che ha sempre contraddistinto Ibrii.

Searcheeze serve a chiunque abbia l’esigenza di collezionare contenuti dal web per scopi personali e non. Per tutti i gruppi di persone che hanno bisogno di raccogliere insieme delle informazioni dal web, ad esempio: studenti, professori, giornalisti, blogger o semplicemente una famiglia che raccoglie informazioni sul luogo della prossima vacanza o un gruppo di amici che collezionano idee regalo per un amico o un gruppo di amiche che colleziona dal web i prossimi vestiti da comprare per l’estate.

Insomma, alzi la mano chi non ha mai avuto bisogno di collezionare delle informazioni dal web!
Da oggi, grazie a Searcheeze, potrete farlo anche in gruppo!

Searcheeze sarà gratis per tutti, ma per funzionalità avanzate e per il mondo business sarà a pagamento.

Per adesso, mi fermo qui.

In un prossimo post ulteriori dettagli circa il nuovo team di Searcheeze e le altre novità!

Vi lascio con una riflessione: se avessi mollato nei momenti difficili, adesso non sarei qui a scrivervi. Non lasciate che niente e nessuna possa portarvi via i sogni.


Registratevi qui: searcheeze.com
Seguiteci su: Twitter e Facebook. (i profili sono ancora scarni, scusate ma stiamo lavorando come matti!)


A presto,

Stefano Passatordi
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giovedì 14 aprile 2011

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Scegliere un investitore

La maggior parte delle startup non ha i fondi necessari per portare a termine il proprio percorso fino ad una exit. Per questo motivo, fin dai primi mesi, i founder si mettono alla ricerca di capitali.

Spesso provengono da famiglia o amici, meno spesso da Angels e piccoli fondi, raramente da grossi investitori.
In genere, famiglia ed amici prestano solo del denaro, sperando che un giorno potranno riaverlo, magari con qualche piacevole sorpresa.

Angels e VCs, invece, oltre ai soldi, possono mettere sulla bilancia anche tanto altro: esperienza, contatti e consigli.

Premesso che, secondo me, non esiste l’investitore ideale, vediamo quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere un Angel/VC per apportare il massimo valore all’interno di una startup.

L’investitore ideale:

- investe in voi e nella vostra startup!
- è o è stato un imprenditore di successo
- è un esperto del vostro settore
- è pieno di contatti e referenze utilissime per voi e per la vostra startup
- investe tramite convertible note con condizioni ragionevoli
- fa passare al massimo 1 mese dal primo incontro al bonifico
- è voglioso di trasmettervi la sua esperienza e la sua energia
- è sempre presente quando ne avete bisogno
- non è invadente perchè ha capito che il micro management è una pratica da lasciare al CEO
- capisce i vostri difetti ed i vostri pregi e cerca sempre di trarre il meglio da voi
- vi supporta sempre e comunque
- vi introduce potenziali investitori e partner
- è un pò come un faro nei momenti bui e difficili
- diventa un vostro amico
- riesce a farvi capire dove state sbagliando e a rimettervi sul giusto binario
- critica in maniera costruttiva
- continua a finanziarvi finchè ci sono i presupposti per andare avanti

In breve, immagino l’investitore ideale come: "Un amico, un consigliere, che si fida di me e mi aiuta a realizzare un sogno. Sempre rispettoso e sempre presente, senza mai essere invadente."

Per tanti motivi, è difficile, forse impossibile, incontrare l’investitore ideale.

E’ possibile, però, scegliere quello che più si avvicina al caso ideale, in base alle proprie esigenze da startup.

Non valutare mai un investitore solo per la quantità di denaro che investe!


Bisogna sempre valutare anche la sua esperienza, i suoi contatti e il rapporto personale che si instaura. Meglio un investitore che vi da 100 ma vi riempie di giusti consigli e vi apre tutte le porte, piuttosto che uno che investe 1000 e poi è inutile.

Ad esempio, conosco dPixel dal 2009 e con loro ho chiuso 2 finanziamenti. Non sono stati l’investitore perfetto, come noi non siamo stati la startup perfetta, ma hanno sempre fatto del loro meglio per aiutarmi in tutto e per tutto. Abbiamo creato un rapporto di rispetto e di fiducia che, nel tempo, ha portato e sta portando i suoi frutti.

Quando, nel 2009, io ed il mio socio, abbiamo dovuto affrontare la scelta se firmare o meno con dPixel, non abbiamo solo valutato il fattore economico. Abbiamo studiato chi fossero i fondatori, cercando di scroprire le loro esperienze e quanto fossero importanti ed influenti.

Insomma, non è sempre e solo una questione di denaro, il valore aggiunto che deve portare un investitore si deve misurare anche in esperienza, contatti e consigli.

Buona scelta a tutti!

Stefano Passatordi
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