domenica 1 agosto 2010

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Fare impresa in Italia


Pochi giorni fa, tramite Working Capital sono venuto a conoscenza del “dibattito virtuale” che si è creato circa l’affermazione: “Purtroppo siamo in Italia..”.

Premetto che conosco i fatti solo in maniera parziale, grazie a quello che ho potuto leggere su infoservi.it e sui blog dei diretti interessati (che non ho il piacere di conoscere) : Roberto Chibbaro e Stefano Vitta.

Se non ho capito male, Stefano Vitta afferma che, invece di nascondersi dietro il classico “Purtroppo siamo in Italia”, bisognerebbe rimboccarsi le maniche e lavorare sodo. Sempre secondo quanto scritto da Vitta nel suo blog, lamentarsi del fatto di essere in Italia, sarebbe anche una scusa per giustificare il fallimento di un progetto. Inoltre, prosegue Vitta, la bravura di un imprenditore si vede anche nel sapere affrontare le difficoltà che incontra lungo il suo percorso. Quindi, conclude, non esiste nessuna scusa, ma solo incapacità nel portare avanti la propria attività ed il proprio progetto.

Nel suo blog, Roberto Chibbaro replica che l’espressione “Purtroppo siamo in Italia..” non è affatto una scusa. Per attestare la sua tesi, riporta esempi concreti di cosa voglia dire fare impresa in Italia e riporta esempi riguardo una macchinosa burocrazia, una cultura errata circa il fallimento e cita anche un ecosistema quasi inesistente.

Ho deciso di scrivere un post in merito perchè lo ritengo un ottimo spunto di riflessione, oltre al fatto che lo sento molto vicino alla mia esperienza con Ibrii.
Premetto, da subito, che secondo me la verità (virtù) sta nel mezzo, in medio stat virtus, anche se, onestamente, la mia verità è più verso Chibbaro che verso Vitta.

Io sono nato e cresciuto a Potenza, in Lucania (o Basilicata), ovvero nel cuore del “profondo” Sud. Lo stesso Sud di cui parla Chibbaro nel suo blog, affermando che è il “deserto”!
Purtroppo, sento di dover confermare questa condizione, almeno in parte.

Nel 2008, la Regione Basilicata aveva stanziato dei fondi pubblici per i giovani imprenditori, erano fondi riservati a vari ambiti di sviluppo: dall’agricoltura al web, dai servizi ospedalieri alla produzione di macchinari industriali. Insomma, il mio progetto web rientrava in pieno tra i progetti finanziabili. Così ho deciso di provarci e di chiedere questi benedetti finanziamenti.
Per me era la prima volta, non avevo mai avuto da fare con la burocrazia italiana quando si tratta di chiedere finanziamenti!
Armato di tanta voglia e di tante speranze, mi sono recato allo sportello informazioni, appositamente aperto per quei fondi pubblici. Ve la faccio breve, in pochi giorni sono passato da “giovane imprenditore del sud con tanta voglia di fare” a “giovane italiano deluso ed incazzato che punta a crescere fuori dall’Italia”.

Prima di tutto, per accedere a quei fondi avevo bisogno di una “spinta” (duro da dire ma era così!), a livello burocratico avevo dozzine e dozzine di carte da presentare, compilare, firmare, validare, inviare, faxare. Tutto questo per cosa: “Se rientri in graduatoria e se il tuo progetto piace, forse puoi accedere ai fondi”.
Mi è bastata questa esperienza per farmi capire che in Italia avevo poche possibilità!

Invece di invogliare un giovane a produrre, a fare qualcosa di buono per la propria terra, hanno fatto di tutto per farmi andare via!

A questo punto, probabilmente, Vitta direbbe che non sono stato in grado di affrontare il problema. E’ probabile! Forse lui ha ragione, ma io non ho deciso di fare impresa per correre dietro a false promesse e per perdere tempo. Il mio obiettivo è produrre, non perdere giorni e risorse preziose per “cercare” di entrare in graduatoria.

Anche per questi motivi, Ibrii è stata prima una LTD ed attualmente una INC. Ho provato ad aprire una SRL, ma mi costava 8 volte di più rispetto ad una LTD a Londra e ci volevano settimane, rispetto ai due giorni inglesi :)

Riguardo la questione mentalità, credo che qualcosa stia cambiando, fortunatamente!
Vivo a Roma, vado spesso a Milano e a Torino, mi incontro con giovani imprenditori ogni giorno, organizziamo eventi, ci confrontiamo e nascono nuovi rapporti lavoratitivi. Decisamente, qualcosa sta cambiando!

E’ vero anche che c’è differenza tra Nord e Sud, questo è impossibile negarlo. Non è però corretto affermare che al Sud non ci sia proprio niente. In Puglia, soprattutto, esistono belle realtà imprenditoriali che le altre regioni dovrebbero prendere come esempio.
Certo è vero...è più difficile!

La cultura del fallimento come esperienza e punto di partenza è ancora lontana da noi, purtroppo, ma spero che in questo ci possano essere dei miglioramenti in futuro!
Inoltre, credo che proprio Vitta pensi che fallire sia un fattore assolutamente negativo, altrimenti perchè affermare che l’essere in Italia venga usata come scusante per un fallimento?! Un fallimento non dovrebbe aver bisogno di alcuna scusante, fallire equivale a crescere, secondo me. Abbiamo bisogno di scuse per crescere??

In questi mesi, grazie ad Ibrii, ho avuto la fortuna di rapportarmi con giovani che lavorano in California. Tutte le volte che si presentano, fanno l’elenco delle startup che hanno provato a lanciare, ma che poi hanno dovuto chiudere. Noi diremmo, “falliti”. Loro dicono, “I founded it, I failed, I learned”.

Con Ibrii abbiamo siglato delle partership con grosse realtà americane, tutto tramite skype, senza mai incontrarci di persona. In Italia sono mesi che inseguiamo realtà più o meno affermate...quanto tempo stiamo perdendo!

Per concludere, Vitta ha ragione quando dice che non bisogna arrendersi, che bisogna lottare, che bisogna andare avanti e fare il possibile. Abbiamo realtà italiane che sono diventate importanti a livello mondiale, alcune sono: vitaminic, venere, gioco digitale, jobrapido, balsamiq e, spero presto, Ibrii :) (è una INC. ma la sede operativa è a Roma).

Dall’altro lato, però, anche Chibbaro ha ragione quando afferma che non è solo questione di impegno, ma, in Italia, serve anche altro per fare azienda a livelli competitivi. Spesso, purtroppo, ciò che serve non dipende solo o direttamente dall’imprenditore.

In realtà, sull’argomento ci sarebbe ancora molto da dire..ma per adesso mi fermo qui!

A presto,
Stefano Passatordi