sabato 9 ottobre 2010

// //

Business Plan: esperienza di un founder


Questo articolo nasce da una discussione nata su Facebook intorno all'argomento "Business Plan".

Chi scrive è Andrea Giannangelo e sta avviando una startup di nome iubenda; studia Economia e Marketing all'Università di Bologna ed è Web Designer da diec'anni.

In primo luogo intendo precisare che quanto leggerete riflette nient'altro che la mia esperienza, unita al punto di vista, tratto da ciò che sono e dalle convinzioni che mi muovono.
Non amo ch'impartisce lezioni senza il sostegno dei fatti e voglio sia ben chiaro l'approccio umile di chi sente fra le mani poco più che un pugno di mosche. Evito di scrivere "io credo che" in cima ad ogni frase.
Infondete voi stessi quanto segue con questo spirito, puramente soggettivo. Questo articolo descrive il modo in cui, a 21 anni, ho scritto il Business Plan di Iubenda (la startup che sto fondando) e tutti gli insegnamenti che ho tratto da questa attività.
Mi auguro che queste parole interessino chiunque debba affrontare la scrittura di un Business Plan (o di altri documenti sulla propria idea), oppure intenda interrogarsi sull'utilità di questo compito.
Specie chi si trovi a quello stadio in cui l'infante è nel pancione dei fondatori, dall'aspetto informe ed immerso ben oltre la testa in un viscoso liquido amniotico.

Vorrei spazzare via da questa discussione ogni preconcetto o barriera mentale.

Finiamola con l'abitudine di considerare "business" e "product" come due "visioni", e per giunta visioni contrapposte. Business-view e product-view devono coesistere e sono l'una indispensabile all'altra.

Per quale sia il background di appartenenza o il sostrato iniziale, prodotto e business rivestono un ruolo fondamentale ad ogni stadio e vanno curati in modo parallelo.
Il mio background è sia tecnico che economico (e vorrei dire anche umanistico, visti miei studi ed interessi): forse sono la persona giusta per sanare questa frattura.

Quando ci si trova agli stadi iniziali di un progetto di Startup, il prodotto ha per natura un ruolo dominante. Ho tuttavia sperimentato su me stesso come scavare nei dettagli della mia idea, sondarla ad uno sguardo attento e spendere ore ed ore, a scrivere pagine e pagine, sia d'enorme aiuto.

Scrivere un Business Plan è un'attività molto più semplice di quanto si creda.

Spesso lo si vede come una sorta di mostro dalle fattezze non ben definite, persino come un essere odioso.

Non si tratta d'altro, in realtà, che d'approfondimento del più simpatico Pitch, suo fratello minore. Parafrasando la struttura di realizzazione di un Business Plan proposta da Wikipedia, provo ad definire uno scheletro:

- Idea (Problema -> Soluzione/Prodotto);

- Team;

- Mercato, Concorrenza, analisi SWOT (Punti di forza, punti di debolezza, opportunità, minacce), Distribuzione.

- Piano di Marketing. Ossia: come raggiungi i clienti? Advertising, Viralità, uno ad uno, amici e parenti o quello che sia.

- Use of Proceeds (quanto denaro ti serve e come intendi utilizzarlo).

- Revenues: come intendi guadagnare (modello di business, pricing etc) e quanto programmi di guadagnare (dato ad alto contenuto di creatività).

- Altre indicazioni finanziarie (eventuali investitori coinvolti o altre fonti di finanziamento individuate).

- Conto Economico e Stato Patrimoniale (su 3 o 5 anni).

Quanto, tutto ciò, è distante dalle componenti fondamentali di un Pitch? Poco o nulla, dico io.

Nonostante ciò, tutti amano la formula del Pitch, ma molti sono i detrattori del Business Plan.
Scavare nei dettagli del proprio progetto consente di comprendere molti aspetti che non si erano prima considerati, oppure di scoprirne di nuovi.
Di analizzarli con approccio sistematico e per questo di assicurarsi che nulla sfugga. Qualcosa mi dice che le parti finanziaria e di bilancio siano quanto fa inorridire tutti i product-men, toglie loro il sonno, li spinge a maledire santi e diavoli.

Di seguito vi racconto qual è stata la mia maniera di affrontare l'ostacolo.
Ecco come ho elaborato una previsione su numero di vendite e ricavi:

1. Distribuire un sondaggio (tramite Surveymonkey) per sondare la Willingness To Pay (WTP, Disponibilità a pagare); in questo modo ho potuto capire quale fosse l'interesse verso il mio prodotto (un generatore di privacy policy per siti web), ho potuto capire quanto i potenziali clienti, almeno idealmente, sarebbero stati disposti a sborsare per esso. Sondare la Willingness To Pay non è semplice, a causa degli effetti distorsivi (di ancoraggio) che il questionario può indurre. Dopo alcune ricerche, ho deciso di adottare un metodo chiamato "billing game", declinato nella sua forma discendente, che prevede di proporre in domande successive se l'intervistato sia disposto a pagare una cifra stabilita (es. 20 Euro). Se l'intervistato risponde di no, gli viene proposta una cifra più bassa nella domanda successiva, e così via.

2. Raccogliere informazioni sul modello di business che ho scelto di adottare (Freemium), da cui ho anche scritto un enciclopedico articolo , cercando metriche di conversione e modelli di Pricing in uso.

3. Operare alcune scelte riguardanti i piani d'offerta, decidendo quanto far pagare per ogni set di features.

4. Incrociare i dati raccolti sul modello di business e le decisioni riguardo l'offerta in un foglio di calcolo, impostando come variabili queste dimensioni: il numero di adottanti free, il tasso di conversione relativo ad ogni piano (ancorato ai dati di mercato raccolti), il prezzo di ogni piano.

5. Cercare di prevedere dei tassi di crescita, dividendo la previsione in periodi. Ho immaginato un leggero bump (aka "botto") iniziale, poi un periodo di crescita lenta, uno di crescita sostenuta, dunque di nuovo crescita lenta. In sostanza, ho elaborato un moltiplicatore di crescita per ogni trimestre, da applicare al trimestre precedente. L'andamento della crescita negli adottanti proposto è molto comune ed universalmente accettato; per info potete leggere qui.

6. Infine, dare tutto ciò in pasto al foglio di calcolo. N'è venuta fuori una previsione accettabile di vendite e ricavi.
Ora viene la parte di bilancio (conto economico e stato patrimoniale). Devo dire che per questo serve davvero della competenza specifica, ma si può rimediare. Ecco come: www.pdfor.it.
Pdfor vi consente di generare Conto Economico, Stato Patrimoniale ed indici di bilancio senza saper nulla di contabilità. Tutto ciò che serve è aver elaborato una stima dei ricavi (sopra ho proposto un metodo) ed una dei costi (lo Use of Proceeds, immancabile in ogni Pitch che si rispetti).

Per quanto riguarda l'opportunità che il Business Plan sia il documento iniziale richiesto dagli investitori, sorgono parecchi dubbi che io condivido.
Partire dal Pitch è importante, poiché questo strumento permette modifiche veloci grazie alla sua struttura snella ed evita ancoraggi od effetti di framing ulteriori. Vedo il Business Plan come un'evoluzione del Pitch stesso, un suo approfondimento.

Parlando di questioni concrete, negli ultimi mesi ho preso contatti sia con dPixel che con Annapurna Ventures (due dei pochi operatori di Venture Capital italiani di tipo Early Stage focalizzati sul web). Nessuno di questi due interlocutori mi ha domandato un Business Plan per il primo incontro, che si è invece svolto in modo del tutto informale.

Mind The Bridge offre da quest'anno uno spazio dedicato alle Idee di Business (denominato per l'appunto "Call For Ideas"), parallelo alla Business Plan competition. Per accedere a questo spazio è sufficiente inviare un Executive Summary.

Ciò che ho riscontrato è l'opinione diffusa che il Business Plan non sia necessario quando i tempi sono ancora giovani ed il progetto necessita di nient'altro che definizione e labor limae.
Molti obiettano come queste previsioni siano inutili, poiché avulse dalla realtà, inconsistenti; creative, nella migliore delle ipotesi.

Tutto ciò è vero, ma ininfluente se si considera un fatto: nessuno si aspetta che queste previsioni si realizzino, nessuno. Ed allora perché queste previsioni sono importanti ed utili? Perché consentono di concentrarsi sulla realtà dei numeri e sulla loro spietatezza. Ci costringono a considerare sul serio quanti dovranno essere i nostri clienti e quale il prezzo da essi pagato.

La previsione è l'unico sistema per conoscere in anticipo quali numeri il nostro prodotto dovrà muovere per sopravvivere, quali dovranno essere prezzi e tassi di conversione. L'alternativa è navigare a vista.

Nello specifico della mia esperienza, scrivere documentazione sul progetto mi ha aiutato enormemente in queste direzioni:

- Comprendere i miei clienti ed il mercato di riferimento, capirne la struttura decisionale e di spesa, nonché abitudini, interessi, attitudini.

- Scavare nella concorrenza, scoprendone rigidità e punti di debolezza, così come punti di forza e caratteristiche distintive.

- Esplorare il modello di business ed indagarne i casi d'uso.

- Individuare le caratteristiche chiave del prodotto e le dimensioni su cui fare leva.

- Comprendere appieno la difficoltà delle sfide da affrontare e la pericolosità delle minacce, così come la concretezza delle opportunità.

- Scoprire le criticità del modello Freemium, come l'onere di assistenza dei clienti free.

- Invitarmi a raccogliere ulteriori dati sul mercato di riferimento.

- Indurmi a definire il confine delle attività "core", da considerare cruciali per la riuscita del progetto e su cui concentrare lo sviluppo del know how.

Ma più di tutto ciò, guidare l'entusiasmo. Poiché l'entusiasmo può essere un'emozione potente quanto pericolosa, foriera d'agire impulsivo. Ma soprattutto l'entusiasmo rischia in ogni momento d'indebolirsi o venir meno.

Ciò ch'è importante è la determinazione, e la determinazione non può che vivere di approccio sistematico. Una determinazione ricca di passione. E di coinvolgimento.


Questi sono i pensieri di Andrea, circa la questione Business Plan. E voi cosa ne pensate?



Ciao a tutti,
Stefano Passatordi