giovedì 20 gennaio 2011

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Gianluca Dettori: l'imprenditore

In questa intervista Gianluca Dettori si racconta prima come imprenditore e poi come investitore.

Immagino che la maggior parte dei giovani startupper conoscano Gianluca principalmente come fondatore di dPixel. Non tutti (soprattutto forse i più giovani) sanno che Gianluca è stato uno dei fondatori di Vitaminic, società quotata in borsa.

Ho chiesto a Gianluca di raccontarci la sua esperienza da imprenditore, dagli inizi ad oggi.

Nota: l'intervista è avvenuta a voce, le risposte che troverete scritte sono il frutto di un riassunto il più possibile puntuale di ciò che Gianluca ha detto a voce. In ogni caso, metterò a disposizione la versione audio per ogni domanda.

1) Ciao Gianluca, anche se in Italia sei già conosciuto ed affermato, vuoi presentarti brevemente, per i pochi che ancora non ti conoscono?

Ho 43 anni ed ho iniziato la mia carriera da imprenditore 15 anni fa in una startup internet che si chiamava ItaliaOnLine, successivamente sono passato in Lycos che era un motore di ricerca. In seguito ho fondato la mia startup, Vitaminic, con cui abbiamo effettuato diverse acquisizioni e la quotazione in borsa. Terminata l’esperienza con Vitaminic ho fondato dPixel, che è una società di venture capital che si occupa di investimenti seed nel campo di internet.




2) Potresti raccontarci qualcosa in più circa il tuo inizio, quando, per la prima volta, ti sei affacciato al mondo startup come imprenditore? Quali risultati hai raggiunto e in quanto tempo?

La prima esperienza significativa è stata in ItaliaOnLine. E’ stata fondata da un gruppo di 4 giornalisti del Sole24Ore e quando sono entrato io erano 10/15 dipendenti. La startup è stata finanziata sia dal Sole24Ore che da Olivetti. Il mio ruolo inziale è stato quello di assistente marketing. Il nostro obiettivo era quello di offrire un servizio di connettività consumer in Italia. In due anni siamo passati da un servizio che non esisteva a centinaia di migliaia di utenti. Durante questo percorso sono diventato prima direttore marketing e dopo direttore vendite. Dopo poco tempo dalla mia uscita dalla società, ItaliaOnLine è diventata Libero.



3) Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato lungo il tuo percorso da giovane founder ad imprenditore di successo?

Sicuramente dover affrontare molto rapidamente tante situazioni diverse che prima non avevo mai vissuto. Abbiamo fondato la società in 3 e nel giro di quasi 2 anni avevamo già raccolto 2 round di venture capital, assunto 100 persone, aperto in diverse nazioni, quotato la società in borsa e fatto la prima acquisizione. Quindi la difficoltà maggiore è stata la velocità. Cose che in genere capitano in 10 anni di lavoro, io le ho affrontate compresse in 3/4 anni.




4) Quali gli errori più importanti che hai commesso e che potrebbe commettere un giovane startupper?

Errori legati all’inesperienza, che ovviamente sono fisiologici. Certamente il maggiore errore è stato quello di non capire i tempi corretti di alcuni fenomeni. Eravamo un pò avanti rispetto al mercato. Anche quando avevamo 10Milioni di ricavi, in realtà, quella era solo una parte rispetto al vero mercato che noi abbiamo anticipato.




5) Se fosse possibile viaggiare nel tempo, credi che otterresti gli stessi risultati rifacendo adesso lo stesso percorso che hai fatto in passato?

Se penso a Vitaminic, credo che adesso sia più facile perchè adesso quella è una industria che ha una storia. 10 anni fa era tutto da inventare, adesso abbiamo sviluppato una consocenza tale che tutto diventa più semplice. Oggi c’è un mercato più solido, con fatturati altissimi e competitivo almeno quanto 10 anni fa. Diciamo che adesso è meno facile poter portare avanti progetti ambiziosi e trovare finanziamenti. E’ pur vero che oggi puoi fondare una azienda internet con meno risorse di 10 anni fa. In conclusione, credo che oggi sia più facile.




6) Sei un sostenitore della Banca Nazionale dell’Innovazione, ci spieghi perchè e come potrebbe migliorare la situazione attuale?

Attualmente, in Italia, il più importante venture capitalist è lo Stato. Siamo noi contribuenti. Ad oggi, in questo settore vengono assegnate cifre dell’ordine di 10Miliardi di euro, di cui una parte provengono dalla Comunità Europea. In quest’ultimo caso, se i fondi non vengono usati non vengono neanche erogati e, quindi, risultano persi. Per me, la Banca Nazione dell’Innovazione dovrebbe essere una community in grado di gestire in maniera privata almeno una parte dei fondi a disposizione. Credo che basti solo una parte di quei fondi, affidata a persone con esperienza e che investono in realtà ad alto impatto tecnologico, per poter migliorare la situazione attuale del Paese nel giro di qualche anno. Essendo fondi pubblici, la domanda è se i fondi a disposizione vengono spesi in maniera efficiente oppure se è possibile fare di meglio. La BNI vuole essere uno stimolo per provare a creare una nuova governance per questi fondi. Il mio suggerimento è di affiancare alle istituzioni delle persone esperte nel settore del venure capital per decidere come destinare ed investire le risorse a disposizione.




7) Secondo te, quale dovrebbe essere il ruolo delle università nell’ecosistema startup di un paese?

Secondo me, prima di tutto l’Università deve far bene l’Università. Questo è il suo ruolo principale. Un ruolo che, oggi come oggi, non riguarda solo la didattica, ma anche la ricerca e la capacità di creare valore anche all’esterno. Questo avviene tipicamente tramite la creazione di imprese (spinn-off) ed il trasferimento delle tecnologie.




8) Quali sono i consigli che ti senti di dare ai giovani che oggi decidono di fondare una startup?

Prima di tutto, consiglio di credere in se stessi. Bisogna però anche sapersi sempre mettere in gioco e in dubbio, almeno finchè non si arriva ad una validazione delle proprie idee e competenze. E’ importante avere delle idee ma è anche importante saper interagire con persone con esperienza maggiore. Quindi consiglio di raggiungere quel gisuto livello di consapevolezza del proprio progetto che ti permette di essere convincente e di trovare i soldi per inziare.




9) Quale è la tua posizione rispetto alla questione Silicon Valley, credi che oggi sia un passo dovuto quello di provare ad aprire la propria startup lì?

No altrimenti non avrei fondato dPixel! Noi siamo in Italia perchè siamo sicuri che si possa aver successo anche in Italia e restando in Italia. La Silicon Valley è il posto più bello della terra per provarci, però è la Silicon Valley. Il punto è capire il mercato. Se è un mercato internazionale allora credo che si possa aver successo anche dall’Italia.




10) A Londra è nato il London’s Silicon Roundabout , per tentare di contrastare la Silicon Valley. Ad oggi, cosa manca in Italia per poter creare una zona tecnologia forte, magari a Roma o Milano?

In Italia iniziano ad esserci un alto numero di startup, per cui potrebbe iniziare ad aver senso di aggregarsi fisicamente. A Roma sicuramente esiste un ecosistema startup molto significativo, sicuramente anche a Milano. Credo che dipenda tutto dal valore delle varie iniziative. Se sono solo questioni immobiliari allora ce ne sono già molti e non credo che questo possa aiutare ancora lo sviluppo delle startup italiane. Credo sarebbe più interessante se si creassero delle sinergie tra le varie startup e ci fosse un lavoro più coordinato e collaborativo.



11) Quali sono i tuoi progetti futuri?

Quest’anno saremo impegnati con i nuovi investimenti, poi con Working Capital che quest’anno sarà ancora più impegnativo. Lo scorso anno avevamo avviato il progetto di Startup Master che poi ha subito un rallentamento, ma contiamo di riprenderlo quanto prima.




Grazie Gianluca!


Ciao,
Stefano Passatordi



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domenica 16 gennaio 2011

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Incubatori in Italia

I problemi che deve affrontare una startup sono tantissimi e di varia natura. In questo post parleremo del problema degli spazi di lavoro e delle relative necessità.

Soprattutto nella fase iniziale, un team ha bisogno di:

- Un minimo di budget per sopravvivere.

- Un posto in cui lavorare tutti insieme.

- Creare un network che possa aiutare il team a crescere.

Per cercare di far fronte a queste esigenze, nel corso degli anni, sono nati i cosiddetti “incubatori di impresa”.

Lo scopo di questi posti è proprio quello di inglobare i vari team all’interno dei loro spazi, offrendo loro servizi di logistica e supporto in generale.

Ricordo che quando ero piccolo, alle scuole elementari, le maestre mi avevano fatto inserire in un bicchiere un pò di ovatta e sopra di essa un seme di una piantina. Poche gocce di acqua al giorno a temperatura ambiente e dopo qualche tempo il seme si trasformava in qualcosa di più grande e bello...una piantina!

Ecco, quando penso ad un incubatore di impresa...mi torna sempre in mente l’esperimento del seme nel bicchiere :)

Un incubatore di impresa, nel caso ideale, dovrebbe offrire un sostegno economico al team per almeno 3 mesi, uno spazio di lavoro con tutti i necessari strumenti, organizzare eventi ed incontri per mettere in contatto le varie startup incubate con potenziali investitori.

Insomma, l’incubatore dovrebbe creare un ambiente ideale per far diventare il seme una pianta forte e robusta!

Come tutti voi sapete, nella vita, nessuno vi regala nulla...in cambio di questi servizi, in genere, gli incubatori chiedono equity della società.

Tra il caso ideale ed il caso medio, esistono diverse sfumature. Conosco incubatori che offrono spazio e networking, ma non aiutano economicamente...anzi, chiedono di essere pagati a stanza/scrivania.

Altri, invece, prendono una parte di quote della società in cambio di somme che possono arrivare anche a 10/15k euro ed offrono spazi e contatti. Insomma, le offerte non mancano!

Dal mio punto di vista, almeno in teoria, un incubatore è una ottima opzione per una startup. Nel caso meno fortunato, avete degli spazi di lavoro a costi molto competitivi ed entrate in un network di persone e realtà che possono aiutarvi a crescere.

I criteri che io valuterei per scegliere un incubatore sono, in ordine:

1. Possibilità di ricevere aiuti economici. Se si, in cambio di cosa? Il gioco vale la candela? Non vorrano un pò troppo?

2. Lo spazio di lavoro. É importantissimo che lo spazio di lavoro stimoli la creatività, lo scambio di idee e che ti faccia sentire bene. Gli open space sono gli spazi che preferisco (il Pier38 che ho visitato a SF ne è un esempio eccellente!) perchè facilitano e stimolano la comunicazione e lo scambio di idee tra i team....ma spesso impediscono di lavorare a causa del troppo caos. Lo spazio dovrebbe avere dei posti in cui tutti i membri dei vari team si possano incontrare e rilassare. Una bella sala relax con delle console ed un LCD gigante non sarebbe una cattiva idea! Da non sottovalutare anche la possibilità di poter cucinare e mangiare direttamente negli spazi condivisi.In California, ho avuto modo di visitare degli incubatori che offrivano spazi con le caratteristiche di cui sopra..e vi posso assicurare che non volevo andar via da quei posti!

3. Quanto è “agganciato” l’incubatore? Avrete la possibilità di incontrare investitori importanti durante gli eventi? Insomma, valutate la potenza del network che l’incubarore può offrirvi. (...questo dovrebbe essere il primo criterio di scelta se avete dei fondi per sopravvivere)

Abbiamo visto cosa sono gli incubarori, cosa dovrebbero offrire (almeno in teoria) e quali possibili criteri usare per scegliere il migliore per le nostre esigenze. Adesso, vediamo quali incubatori ci sono in Italia:

*Nella mappa sono stati inseriti solo gli incubatori di mia conoscenza, sono certo che ve ne siano altri, vi prego di farmi sapere quali così da poterli aggiungere alla mappa


View Incubatori in a larger map


Adesso avete tutte le informazioni necessarie per poter decidere se e quale incubatore fa al caso vostro!

Grazie,
Stefano Passatordi
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