domenica 13 febbraio 2011

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Startup e Italia

Tra il 2007 ed il 2008, ho avuto enormi difficoltà ad avvicinarmi al “mondo startup”. Su internet non riuscivo a trovare nulla che riguardasse il panorama italiano, nessun riferimento, nessun contatto. ZERO.

Quando spiegavo ai miei colleghi universitari cosa avevo in mente di fare e usavo il termine “startup”, la prima domanda era: “Cosa vuol dire startup?”

Io stesso, ho iniziato a leggere Techcrunch e Mashable per caso e grazie a loro ho imparato il significato di parole come startup, round, VC, Angel, seed e tutto il resto.

Pensate che sia Techcrunch e sia Mashable sono state fondate nel 2005. Parliamo di poco più di 5 anni fa. In cinque anni tutto è cambiato e si è evoluto alla velocità della luce.
Ad oggi, se penso ai pomeriggi del 2008, passati a leggere articoli sulle startup californiane, mi sembra di tornare indietro di 10 anni. Eppure ne sono passati solo poco più di tre.

Se oggi ripenso alla situazione che c’era in Italia nel 2008 e la confronto con quella attuale, non mi sembra possibile che in poco più di 3 anni le cose siano cambiate così rapidamente!

Sono arrivato a Roma a fine agosto 2009, dopo poche settimane il primo passo importante: è nato UpStart Roma. Il gruppo composto da 7 giovani amanti del web, è nato con lo scopo di iniziare a diffondere la cultura delle startup tra i giovani. Ricordo che il primo evento siglato UpStart fu un successone, oltre 100 persone si sono riunite per la prima volta a Roma, per parlare di startup e per presentare la propria idea agli altri.

Quell’evento è stata la prova che, oltre a noi 7, tantissimi altri giovani avevano voglia di incontrarsi per scambiare le proprie esperienze, idee e consigli sul proprio progetto, sulla propria startup. Nei mesi e negli anni a seguire, fortunamente, sono nate tantissime altre iniziative.

A livello nazionale, un importantissimo impatto lo ha sicuramente avuto Working Capital, che tramite il suo tour, ha dato la possibilità agli studenti di presentare le proprie idee. In parallelo, anche tante altre iniziative a livello locale. A Roma, ad esempio, sono nati: InnovationLab, gli Indigeni Digitali, le Girl Geek Dinners, Ignite Italia. Senza contare tanti altri eventi e gruppi che hanno contribuito ad affermare due concetti importanti: startup e networking. Negli ultimi anni, abbiamo anche visto la nascita di incubatori di startup distribuiti sull’intero territorio nazionale. Per non parlare dell'attivissimo gruppo ISS di Facebook con oltre 1.300 membri.

Insomma, non solo a Roma, ma anche a Milano, Bologna, Torino, Palermo e in tutte le maggiori città italiane sono nati spontaneamente gruppi ed iniziative che hanno contribuito e contribuiscono tutt’ora a far sì che l’Italia inizi ad essere un paese più innovativo e moderno.

Nel giro di pochi anni in Italia sono state gettate delle importanti basi per un futuro sempre più appartenente ai giovani che hanno voglia di fare tanto e di fare bene. A questo punto, però, credo che occorra fare il grande passo.

Da un pò di tempo, ormai, quando partecipo agli eventi, vedo ed incontro sempre le stesse persone. Vengono dette e raccontate sempre le stesse cose.

Quando vado ad un evento di networking e torno a casa con zero nuovi biglietti da visita, nessuno stimolo esterno, nessun nuovo feedback, nessun nuovo consiglio, nessun nuovo contatto..dal mio punto di vista, questo dovrebbe essere un campanello di allarme.

Fino ad ora è stato fatto tanto e ne siamo tutti contenti. Nell’ultimo anno, però, ho visto uno stallo della situazione. Non ho visto nuove iniziative per permettere ancora a questo ambiente di crescere, ho solo visto azioni di “contenimento”.

La mia domanda è: “Adesso che abbiamo posto le basi tutti insieme, vogliamo puntare in alto e riprendere a crescere o vogliamo continuare ad essere sempre gli stessi e a dirci sempre le stesse cose ad ogni evento?”.

Purtroppo, quello che sto vedendo troppo spesso in giro per gli eventi ed i vari incontri, sono solo parole, bellissime parole, piene di speranza e voglia di fare. Nella pratica però, non vedo cambiamenti. Forse, adesso siamo nella fase più difficile. Prima abbiamo piantato il seme e sembra che ci siamo riusciti, ora però c’è bisogno di prendere davvero coscienza di cosa vogliamo fare da grandi.

Ecco, secondo il mio modestissimo parere, quello che potremmo provare a fare per creare un tessuto socio-economico basato sulle startup e su un network che da e genera valore:

- Andare nelle università e anche nei licei per spiegare ai ragazzi che è possibile crearsi un lavoro e non bisogna sempre attendere che qualcuno ti chiami per lavorare. Questo compito, secondo me, spetta agli investitori e a tutti quelli che si dichiarano innovatori.
Bisogna partire dal basso e scuotere il sistema alla base. Così, forse, agli eventi avremo facce ed idee nuove.

- Consiglio agli investitori di smetterla di porsi sempre in una posizione più importante rispetto agli imprenditori. Non restate chiusi nei vostri uffici aspettando che gli imprenditori bussino alle vostre porte, uscite anche voi a cercare giovani brillanti e con la voglia di fare. Agli eventi (purtroppo è capitato troppo spesso durante l’ultima social media week) non siate rigidi ed impettiti, aspettando che qualche imprenditore si avvicini solo perchè: “Io sono l’investitore!”. Presentatevi voi ai ragazzi e chiedete voi a loro di raccontarvi la loro idea. Durante un evento a San Francisco, mentre io sorseggiavo tranquillo il mio cocktail, un certo Jeff Clavier si è avvicinato per parlare con me.

- Ai ragazzi consiglio di evitare di perdere tempo a lamentarsi del fatto che non riescono ad ottenere un finanziamento, peggio ancora di parlar male di chi lo ha ottenuto. Consiglio di concentrarsi sul perchè non hanno ottenuto un finanziamento e sul perchè altri ci sono riusciti. Da qualche parte state sbagliando.

- Affinchè si riesca a creare un network potente, c’è bisogno che tutti capiscano che non esistono guerre o interessi personali. Non deve vincere il concetto “se io fallisco allora devono fallire anche gli altri”, un network è potente quando tutti collaborano in maniera costruttiva. Spesso si può aiutare qualcuno senza pretendere per forza qualcosa in cambio. Un giorno, sarai tu ad essere aiutato.

E' un discorso troppo lungo e complicato da affrontare in un solo post. Spero che queste righe servano almeno a smuovere un poco gli animi.

Concludo dicendo che dobbiamo essere tutti contenti per i risultati che abbiamo ottenuto in Italia nel giro di pochi anni, ma c’è ancora tanto da fare. Secondo me, adesso, ci serve un cambio di mentalità. Da parte di tutti. Sicuramente la parte più difficile da affrontare e superare.

Ciao,
Stefano Passatordi