mercoledì 18 agosto 2010

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Qualche lettura sotto l'ombrellone!


Visto il periodo di vacanze e di relax, vi vorrei consigliare dei libri che ho letto in queste ultime settimane e che vi consiglio. Sono tutti in inglese (avevate qualche dubbio?) e, ovviamente, sono tutti inerenti al tema del blog ;)



Secondo me, il primo da leggere è: "The inmates are running the asylum".

Purtroppo, ho letto questo libro troppo tardi. Dopo aver già imparato, a mie spese, che per progettare l'interfaccia grafica di un sistema informatico qualsiasi (anche una web app) non ci vuole uno sviluppatore :) Leggendo questo libro, capirete che, prima di progettare una GUI, dovete spogliarvi dei panni da programmatori...altrimenti i risultati potrebbero essere devastanti! Ve lo consiglio per capire quale approccio vi è più utile durante la progettazione del vostro servizio/prodotto.

Il secondo libro che vi consiglio è: "Mavericks at Work: Why the Most Original Minds in Business Win".

Ho trovato questo libro per caso, in libreria...è davvero stupendo! I due autori hanno analizzato, per anni, grosse aziende americane ed europee, di qualsiasi settore, ed hanno cercato di individuare i comportamenti del management che hanno portato al successo le rispettive realtà.
Dal settore bancario, a quello informatico, a quello web, passando per il mercato dei diamanti, gli autori spiegano perchè certe persone riescono ad avere successo rispetto ad altri...pur avendo le stesse opportunità. Ve lo consiglio perchè vi aiuta ad ampliare il vostro punto di vista.

Il terzo libro è: "Founders at Work: Stories of Startups' Early Days".


Credo che questo libro sia assolutamente da leggere per tutti founders di una startup! Dovete leggerlo! Sono raccolte le storie di tantissime grosse realtà di oggi, ma che ieri erano delle startup.
L'autore ha intervistato i vari founders di : 37Signals, Adobe, Apple, Blogger, Delicious, Firefox, Gmail, Flickr, Yahoo, Hotmail, Lycos...e tanti altri. Tramite il racconto dei diretti interessati, saprete come hanno fatto a diventare i colossi attuali. Dagli inizi nel mitico garage, ai finanziamenti, alle prime assunzioni, ai successi nel tempo. Insomma...non siete curiosi di sapere come hanno fatto queste persone a diventare ricche con la loro startup??...Leggetelo!

Spero che queste letture possano essere di vostro interesse, a me sono piaciute tanto..se avete dei libri da consigliarmi commentateli, grazie!

Buone vacanze,

Stefano Passatordi
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giovedì 5 agosto 2010

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Finanziamenti: Come?


In precedenza abbiamo visto perchè servono i finanziamenti e come sono divisi.
In questo post, vedremo come cercare di ottenerli.

Premetto che non credo che ci siano delle regole precise per ottenere un finanziamento, ma credo di potervi dare piccoli consigli, in base a quello che ho potuto osservare ed imparare in questi mesi.

La prima cosa da fare, è individuare i possibili investitori in base all’area tecnologica della vostra startup. Ci sono basse possibilità di successo se una startup web prova a chiedere finanziamenti ad un fondo specializzato in energie rinnovabili!

Seconda importante scelta, dovete decidere se puntare ad un investitore italiano, europeo, americano o magari asiatico. Ovviamente questa scelta non è immediata, è sicuramente legata al vostro mercato, ma dipende anche da molti altri fattori.

Terza scelta fondamentale, la taglia del finanziamento. Cercare un seed? Cercare un round A? (vedi qui)

In questo post ipotizziamo di cercare un seed. In tutti i casi, la ricerca dei possibili finanziatori può semplicemente iniziare da Google, oppure potete partecipare ad eventi organizzati appositamente per far incontrare startup ed investitori (ad esempio, Working Capital, TechGarage, Intesa SanPaolo Startup Initiative), oppure tramite il vostro network di amici.

Ipotizziamo che abbiate trovato uno o più finanziatori che possano fare al caso vostro. Dovete seguirli (non fisicamente! Ma tramite Facebook, Twitter e tutti gli altri possibili canali) e studiarli attentamente per capire: chi sono, cosa cercano, quanto finanziano, come finanziano..insomma, dovete cercare di raccogliere quanta più informazione possibile sul loro conto!
La cosa migliore è cercare di contattare delle startup che sono state finanziate da loro.

Prima di contattarli per fissare un incontro, dovete essere sicuri di :

- Saper presentare voi stessi ed il team
- Saper descrivere la vostra idea di business a breve e lungo termine
- Avere una stima del finanziamento che vi serve e come lo spenderete
- Conoscere il mercato a cui vi rivolgete
- Conoscere i vostri competitor

Insomma, dovete avere le idee chiare su tutto!
Dovete essere in grado di rispondere a qualunque domanda dell’investitore.

Vi consiglio di preparare un documento descrittivo, magari un executive summary (un business plan in questa fase (seed) sarebbe poco credibile, invece, per un round A e oltre sarebbe il punto di partenza), ed una breve presentazione (pitch di pochi minuti) per far capire all’investitore perchè dovrebbe puntare su di voi.

Per quello che è stata la mia esperienza, posso dirvi che l’investitore punta prima sul team e dopo sull’idea, ricordate questo concetto perchè è fondamentale.
In realtà, quando qualcuno investe in una startup, non sta puntando tanto sull’idea quanto sul team. Il vero valore aggiunto dovete essere voi!

Dovete dimostrarvi sempre sicuri, ma pronti ad imparare e a collaborare. Dovete sapere quello che volete dalla vostra startup, dove volete arrivare e avere una idea su cosa sarete dopo 3/5 anni!

Per quanto mi riguarda, credo che in questo caso “l’abito faccia il monaco”, un consiglio personale, presentatevi in maniera decente all’incontro con l’investitore. Non andate come se andaste a fare una scampagnata in montagna con gli amici...vi assicuro che ne ho visti...

Sempre in base alla mia esperienza, ho notato che un investitore osserva una cosa in particolare: come è composto il team! E’ fondamentale che il team sia eterogeneo, ognuno con una competenza definita all’interno della startup e, soprattutto, ci vuole il tecnico che sviluppa!

Andare da un investitore e dire:”Ho una idea super fantastica, ma io non so svilupparla, devo pagare un esterno con i soldi che mi dai..” Vi assicuro che non è una mossa intelligente!

Se avete degli articoli su carta o su web che parlano di voi, o qualsiasi altra cosa che possa darvi valore, allora fatela vedere all’investitore.

Ricordate che un investitore vi chiederà sicuramente, in ordine:

- Chi siete, la vostra formazione, in cosa siete specializzati. La vostra storia.
- La vostra idea. Perchè è una buona idea, il mercato, come si monetizza, chi sono i vostri competitor e che valore aggiunto date agli utenti.

Su questi punti non potete sbagliare!Dimostrate di avere le idee chiare e siete a buon punto.

In poche parole, siate voi stessi, non provate a sembrare grandi imprenditori se ancora non lo siete. Quando parlate del mercato di riferimento cercate di avere numeri reali ed aggiornati con tanto di fonte e riferimenti. Parlando dei vostri competitor non dite che voi siete il massimo e loro sono niente, ammettere di avere dei punti da migliorare non è necessariamente una aspetto negativo. Fate capire all’investitore in che modo spendereste il finanziamento..ovviamente per far crescere la vostra startup sia come società che come realtà del web!

La nostra storia con dPixel ve l’ho raccontata qui.

Posso dirvi che i punti a nostro favore sono stati:

- Il nostro cv personale, due giovani laureati in informatica
- Il fatto che da soli avevamo già sviluppato un prototipo che faceva oltre 6k unici al mese in tutto il mondo
- Dozzine e dozzine di recensioni su Ibrii in varie lingue
- Eravamo già una LTD a Londra
- Abbiamo dimostrato di avere le idee chiare e di conoscere bene sia il mercato che i competitor
- Ovviamente...l’idea ;)

Per concludere, come ho detto all’inzio del post, non esistono regole precise da seguire per ottenere un finanziamento.

Posso dirvi che tutto dipende solo da voi, chi investe punta sul team, su di voi, e dopo sull’idea. Tenetelo a mente!

In bocca al lupo ;)

Stefano Passatordi
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domenica 1 agosto 2010

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Fare impresa in Italia


Pochi giorni fa, tramite Working Capital sono venuto a conoscenza del “dibattito virtuale” che si è creato circa l’affermazione: “Purtroppo siamo in Italia..”.

Premetto che conosco i fatti solo in maniera parziale, grazie a quello che ho potuto leggere su infoservi.it e sui blog dei diretti interessati (che non ho il piacere di conoscere) : Roberto Chibbaro e Stefano Vitta.

Se non ho capito male, Stefano Vitta afferma che, invece di nascondersi dietro il classico “Purtroppo siamo in Italia”, bisognerebbe rimboccarsi le maniche e lavorare sodo. Sempre secondo quanto scritto da Vitta nel suo blog, lamentarsi del fatto di essere in Italia, sarebbe anche una scusa per giustificare il fallimento di un progetto. Inoltre, prosegue Vitta, la bravura di un imprenditore si vede anche nel sapere affrontare le difficoltà che incontra lungo il suo percorso. Quindi, conclude, non esiste nessuna scusa, ma solo incapacità nel portare avanti la propria attività ed il proprio progetto.

Nel suo blog, Roberto Chibbaro replica che l’espressione “Purtroppo siamo in Italia..” non è affatto una scusa. Per attestare la sua tesi, riporta esempi concreti di cosa voglia dire fare impresa in Italia e riporta esempi riguardo una macchinosa burocrazia, una cultura errata circa il fallimento e cita anche un ecosistema quasi inesistente.

Ho deciso di scrivere un post in merito perchè lo ritengo un ottimo spunto di riflessione, oltre al fatto che lo sento molto vicino alla mia esperienza con Ibrii.
Premetto, da subito, che secondo me la verità (virtù) sta nel mezzo, in medio stat virtus, anche se, onestamente, la mia verità è più verso Chibbaro che verso Vitta.

Io sono nato e cresciuto a Potenza, in Lucania (o Basilicata), ovvero nel cuore del “profondo” Sud. Lo stesso Sud di cui parla Chibbaro nel suo blog, affermando che è il “deserto”!
Purtroppo, sento di dover confermare questa condizione, almeno in parte.

Nel 2008, la Regione Basilicata aveva stanziato dei fondi pubblici per i giovani imprenditori, erano fondi riservati a vari ambiti di sviluppo: dall’agricoltura al web, dai servizi ospedalieri alla produzione di macchinari industriali. Insomma, il mio progetto web rientrava in pieno tra i progetti finanziabili. Così ho deciso di provarci e di chiedere questi benedetti finanziamenti.
Per me era la prima volta, non avevo mai avuto da fare con la burocrazia italiana quando si tratta di chiedere finanziamenti!
Armato di tanta voglia e di tante speranze, mi sono recato allo sportello informazioni, appositamente aperto per quei fondi pubblici. Ve la faccio breve, in pochi giorni sono passato da “giovane imprenditore del sud con tanta voglia di fare” a “giovane italiano deluso ed incazzato che punta a crescere fuori dall’Italia”.

Prima di tutto, per accedere a quei fondi avevo bisogno di una “spinta” (duro da dire ma era così!), a livello burocratico avevo dozzine e dozzine di carte da presentare, compilare, firmare, validare, inviare, faxare. Tutto questo per cosa: “Se rientri in graduatoria e se il tuo progetto piace, forse puoi accedere ai fondi”.
Mi è bastata questa esperienza per farmi capire che in Italia avevo poche possibilità!

Invece di invogliare un giovane a produrre, a fare qualcosa di buono per la propria terra, hanno fatto di tutto per farmi andare via!

A questo punto, probabilmente, Vitta direbbe che non sono stato in grado di affrontare il problema. E’ probabile! Forse lui ha ragione, ma io non ho deciso di fare impresa per correre dietro a false promesse e per perdere tempo. Il mio obiettivo è produrre, non perdere giorni e risorse preziose per “cercare” di entrare in graduatoria.

Anche per questi motivi, Ibrii è stata prima una LTD ed attualmente una INC. Ho provato ad aprire una SRL, ma mi costava 8 volte di più rispetto ad una LTD a Londra e ci volevano settimane, rispetto ai due giorni inglesi :)

Riguardo la questione mentalità, credo che qualcosa stia cambiando, fortunatamente!
Vivo a Roma, vado spesso a Milano e a Torino, mi incontro con giovani imprenditori ogni giorno, organizziamo eventi, ci confrontiamo e nascono nuovi rapporti lavoratitivi. Decisamente, qualcosa sta cambiando!

E’ vero anche che c’è differenza tra Nord e Sud, questo è impossibile negarlo. Non è però corretto affermare che al Sud non ci sia proprio niente. In Puglia, soprattutto, esistono belle realtà imprenditoriali che le altre regioni dovrebbero prendere come esempio.
Certo è vero...è più difficile!

La cultura del fallimento come esperienza e punto di partenza è ancora lontana da noi, purtroppo, ma spero che in questo ci possano essere dei miglioramenti in futuro!
Inoltre, credo che proprio Vitta pensi che fallire sia un fattore assolutamente negativo, altrimenti perchè affermare che l’essere in Italia venga usata come scusante per un fallimento?! Un fallimento non dovrebbe aver bisogno di alcuna scusante, fallire equivale a crescere, secondo me. Abbiamo bisogno di scuse per crescere??

In questi mesi, grazie ad Ibrii, ho avuto la fortuna di rapportarmi con giovani che lavorano in California. Tutte le volte che si presentano, fanno l’elenco delle startup che hanno provato a lanciare, ma che poi hanno dovuto chiudere. Noi diremmo, “falliti”. Loro dicono, “I founded it, I failed, I learned”.

Con Ibrii abbiamo siglato delle partership con grosse realtà americane, tutto tramite skype, senza mai incontrarci di persona. In Italia sono mesi che inseguiamo realtà più o meno affermate...quanto tempo stiamo perdendo!

Per concludere, Vitta ha ragione quando dice che non bisogna arrendersi, che bisogna lottare, che bisogna andare avanti e fare il possibile. Abbiamo realtà italiane che sono diventate importanti a livello mondiale, alcune sono: vitaminic, venere, gioco digitale, jobrapido, balsamiq e, spero presto, Ibrii :) (è una INC. ma la sede operativa è a Roma).

Dall’altro lato, però, anche Chibbaro ha ragione quando afferma che non è solo questione di impegno, ma, in Italia, serve anche altro per fare azienda a livelli competitivi. Spesso, purtroppo, ciò che serve non dipende solo o direttamente dall’imprenditore.

In realtà, sull’argomento ci sarebbe ancora molto da dire..ma per adesso mi fermo qui!

A presto,
Stefano Passatordi
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